Corriere della Sera

La fiducia da ritrovare (nella mano di una bimba)

- di Mauro Covacich

Trieste, Campo San Giacomo, assisto a questa scena: mia madre, bardata di mascherina, si avvicina alla chiesa. Dopo settanta giorni a casa, ha ripreso il suo passo sicuro. Sul sagrato le si fa incontro una bambina che deve avere imparato a camminare ieri, forse l’altro ieri. Avrà non più di diciotto mesi, indossa un bel vestitino rosso da cui sporge il pannolino. Quando incontra lo sguardo di mia madre, alza il braccino verso di lei per farsi prendere per mano. Mia madre accoglie immediatam­ente l’offerta, afferra la manina e compie qualche passo insieme alla piccola. Poi però la vedo fermarsi di colpo. Si gira smarrita, non verso di me, bensì in cerca della mamma o del papà della bambina. Mi è subito evidente il suo pensiero, spesso è anche il mio. I genitori reagiscono sempre più infastidit­i al gesto spontaneo di un estraneo verso i loro figli. Un buffetto, una carezza, anche solo uno sguardo, sono diventati potenziali minacce da respingere con stizza. Figurarsi ora.

Ma ecco che una ragazza sui trentacinq­ue si alza da una panchina e le raggiunge con un grande sorriso (e io mi rilasso). Mia madre si scusa, le dice che ha agito d’istinto e che, se vuole, può disinfetta­re subito la mano della bambina, e già estrae dalla borsetta il suo flacone di gel igienizzan­te. Signora, non si preoccupi — risponde la mamma di vestitino rosso — è stata tutto il pomeriggio a razzolare per terra, non è un problema, davvero.

Perché ci racconti questo? Per Le tre età della donna, il dipinto di Gustav Klimt? No, perché forse potremmo ripartire dalla fiducia.

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