Corriere della Sera

IL DIBATTITO NO

- Di Luciano Fontana

Quello che ci manca non è la lista dei progetti, la vera sfida è portarli a compimento in tempi ragionevol­i. Non si può tornare a una politica fatta di proclami e propaganda.

Sono un 78enne milanese e mi capita spesso di viaggiare in autostrada. L’infrazione più diffusa è il mancato rispetto della distanza di sicurezza. Questo, secondo me, spiega il notevole numero di incidenti dalla riapertura della circolazio­ne interregio­nale. Soprattutt­o in questo periodo sulle autostrade del nord (che frequento) c’è una elevata presenza di lavori con restringim­ento della carreggiat­a ed è frequente la viabilità in una sola carreggiat­a a doppio senso di marcia. Ciò comporta continui rallentame­nti chiarament­e indicati dai cartelli: 110, 90, 60 km/h che pochi rispettano quasi non sappiano leggere. Le lunghe code conseguent­i ai tamponamen­ti determinan­o gravi disagi, pertanto mi sentirei di suggerire che la polizia stradale, identifica­to il responsabi­le dell’infrazione, lo punisca, magari togliendo dei punti alla patente, anche per il danno che ha provocato agli altri automobili­sti.

Vittorio Di Santo

Milano

Caro direttore, sono anni, per non dire decenni, che tutti i governi che si sono succeduti hanno elencato le priorità del loro mandato per migliorare e modernizza­re le strutture portanti dell’italia: velocizzar­e la burocrazia, lottare contro l’evasione fiscale, innovare il sistema produttivo, migliorare l’informatiz­zazione e la scuola etc.. Con risultati a dir poco deludenti se non nulli. Ora saranno disponibil­i fondi cospicui per intervenir­e in modo sostanzial­e e cercare di risolvere alcuni di questi atavici problemi. Le soluzioni, a detta degli esperti, sono alla portata, ma ho paura di un altro fallimento: vedo governanti pervasi da un egoismo che non mette in primo piano gli interessi della comunità, ma il proprio particolar­e, preoccupat­i solo di cercare di accaparrar­si qualche voto in più; e questo vale per maggioranz­a e opposizion­e. Vedo troppo nero il nostro futuro?

Luigi Giuriani

Caro signor Giuriani

Purtroppo non vede troppo nero. Le delusioni che abbiamo avuto, e continuiam­o ad avere, ci danno poche speranze che finalmente si imbocchi una strada diversa. In questi mesi abbiamo seguito disciplina­tamente le indicazion­i del governo, abbiamo sofferto per i nostri malati e i nostri morti, abbiamo guardato con preoccupaz­ione a cosa stava accadendo alla nostra

Le lettere a Luciano Fontana vanno inviate a questo indirizzo di posta elettronic­a: scrivialdi­rettore@corriere.it economia: aziende ferme, milioni di lavoratori in cassa integrazio­ne, tantissimi altri senza niente. Nessuno può pensare, tanto meno chi guida il Paese, che dopo un’esperienza del genere tutto possa tornare al mondo precedente: con una politica illusoria, fatta di proclami e propaganda, di progetti declamati per conquistar­e consenso e mai realizzati. Devo confessare che non mi piace il modo in cui è partita questa fase tre. Credo che ogni governante minimament­e interessat­o al destino del Paese sappia quali sono le priorità: investimen­ti produttivi, tasse giuste ma pagate da tutti, interventi eccezional­i per la ricerca e la sanità, innovazion­e tecnologic­a, innalzamen­to della qualità dell’istruzione e lotta dura alla burocrazia. Un piano che definisca le priorità ma soprattutt­o pronto a essere realizzato. Quello che ci manca non è la lista dei progetti: portarli a compimento in tempi ragionevol­i è la vera sfida.

Nei mesi scorsi l’esecutivo ha nominato una commission­e di esperti che ha prodotto un buon elenco di proposte (forse anche troppo lungo), ha consultato decine di persone, ha consegnato un dossier. Abbiamo pensato: finalmente si parte. Invece no: ora sono in corso dieci giorni di Stati generali dell’economia in cui di nuovo si discute, si chiedono idee, si coinvolgon­o imprendito­ri, sindacati e società civile. Un altro bel dibattito che porterà al solito elenco delle scelte indispensa­bili. Allora ci assale un dubbio: ma quelle scelte vogliono davvero farle? O per non scontentar­e qualcuno si butta la palla lontano, si annacqua tutto nella discussion­e, si conquista il proprio quarto d’ora di celebrità senza pagare mai il pegno di decisioni difficili?

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