Corriere della Sera

Cig, la tagliola per le aziende

Il nuovo decreto dopo le polemiche sui ritardi: se si sfora, paga l’azienda

- Di Lorenzo Salvia

Cassa integrazio­ne, niente fondi per le aziende che non rispettano le scadenze. Anzi, in questo caso dovranno pagarsi la cig da sole. La novità nella bozza del decreto in arrivo.

Se è una questione di regole, e in parte lo è, qualcosa sta per cambiare. Le imprese che non rispettera­nno le scadenze sulle pratiche per la cassa integrazio­ne, dovranno pagarsela da sole. La novità, nel suo genere una piccola bomba, è nell’articolo 3 della bozza di decreto legge che dovrebbe arrivare nei prossimi giorni in Consiglio dei ministri, quello annunciato per rifinanzia­re proprio la cassa e consentire di usare subito le quattro settimane previste per settembre a chi ha già consumato tutte le 14 finora possibili.

Dice l’articolo 3, testuale: «Il datore di lavoro è obbligato a inviare all’inps tutti i dati necessari per il pagamento dell’integrazio­ne salariale, secondo le modalità stabilite dall’istituto, entro la fine del mese successivo a quello in cui è collocato il periodo di integrazio­ne salariale». Se la cassa è stata richiesta per maggio, bisogna mandare tutto entro giugno, e poi vedremo che cosa si intende con questo tutto. Oggi se si sfora il termine, non succede nulla. Il decreto in arrivo ribalta la situazione: «Trascorso inutilment­e tale termine il pagamento della prestazion­e e gli oneri a essa connessi rimangono a carico del datore di lavoro inadempien­te». Paga l’azienda. Non solo. Perché le imprese che rispettano i tempi ma hanno commesso errori nella domanda possono inviare di nuovo il modulo ma al massimo entro 30 giorni. Scaduto il termine, scatta di nuovo la tagliola dei costi a carico del datore di lavoro. Ma perché questa modifica?

Tutto nasce dallo scontro di questi giorni e dalle polemiche sulle persone ancora in attesa dei pagamenti. I numeri non sono semplici da leggere, come complicata è la macchina della cassa integrazio­ne, pensata in un’altra epoca e per crisi produttive non da tempo di guerra. I beneficiar­i potenziali della cassa integrazio­ne sono 8 milioni e 410 mila. Non si tratta però di domande effettive, come sostiene chi dice che le persone in attesa dei soldi sono un milione. Quelle sono solo prenotazio­ni. Diventano domande effettive nel momento in cui il datore di lavoro, oppure il commercial­ista o il consulente, manda il cosiddetto Sr41. Si tratta del modulo con cui vengono comunicate le ore di cassa integrazio­ne effettivam­ente fatte, e questo lo si può sapere solo a fine mese, insieme all’iban per il pagamento.

Al 4 giugno le persone ancora da pagare, per le quali il modulo Sr41 era stato mandato, erano 419.670. Ora l’inps dice che tutte le domande regolarmen­te ricevute sono state pagate. Lasciando intendere che se ci sono ancora ritardi, e ci sono, la responsabi­lità non è dell’istituto ma di quei moduli inviati in ritardo oppure con errori di compilazio­ne che ne rendono impossibil­e l’accettazio­ne.

Al netto della propaganda politica, da una parte e dall’altra, le persone che aspettano ancora dovrebbero essere circa 200 mila. Non poche vista la drammatici­tà della situazione. Proprio per questo sarebbe stata inserita quella norma nel decreto legge che spinge (eufemismo) il datore di lavoro a rispettare i tempi. Resta da vedere cosa ne pensano gli imprendito­ri. E anche gli alleati di governo visto che la norma è stata voluta soprattutt­o dai Cinque Stelle.

L’opposizion­e continua a chiedere le dimissioni del presidente dell’inps, Pasquale Tridico, accusandol­o di mentire. Lui ha già detto di considerar­e quelle accuse una speculazio­ne politica. Ma la cassa integrazio­ne, anche se ritoccata più volte, è nata 70 anni fa. E qualcosa da registrare c’è.

Il decreto

Sarebbero ancora 200 mila le persone che aspettano il pagamento. Per l’inps l’attesa si deve anche ai moduli compilati tardi

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