Corriere della Sera

Il sondaggio sprona Palazzo Chigi: più fiducia sul futuro politico Ma crescono i timori del Pd

I fedelissim­i: ha un consenso pari a Berlusconi nel periodo d’oro

- di Monica Guerzoni

ROMA La malizia con cui Di Battista ha paragonato la parabola di Conte a quella di Monti, quasi a volerne propiziare la caduta, conferma che la sfida per la leadership è iniziata e sarà cruenta. Evocando i sondaggi che premiavano il predecesso­re prima che fondasse Scelta civica, Di Battista ha in sostanza detto a Conte di non farsi illusioni. Non sapendo che, in quegli stessi numeri, il giurista pugliese rintraccia indizi favorevoli per il suo futuro politico.

Raccontano che il capo del governo sia stato molto colpito da un grafico che smentisce la «leggenda» di Mario Monti: l’ex premier non perse consenso di botto per la discesa in campo, ma cominciò a calare sin dalle prime settimane. Mentre Conte godrebbe ancora di un consenso che i fedelissim­i descrivono come «pari a quello di Berlusconi nel periodo d’oro».

In questa fase delicatiss­ima il premier giura di non sprecare «nemmeno una caloria» in simili ragionamen­ti e certo non intende raccoglier­e la sfida del congresso, con cui Di Battista ha spaccato il Movimento. «Ora il mio obiettivo è governare il Paese», ripete Conte in pubblico e in privato. Ma l’agitazione dei competitor sembra rivelare il contrario. L’ultima ricerca di Nando Pagnoncell­i per Ipsos dice che se il professore si mettesse alla guida del M5S lo porterebbe dal 19,8 al 29,9 per cento. Numeri in grado di far sospirare anche il più modesto avvocato prestato alla politica.

«Il potenziale va oltre il 30 — sogna in grande un esponente stellato del governo — Conte porterebbe elementi di novità». Roberto Fico avrebbe un ruolo importante nel «nuovo» Movimento e così Paola Taverna, mentre Di Maio non farebbe i salti di gioia. Il feeling tra i due è pari allo zero, anche se Conte assicura di stimarlo e si dispiace quando non si sente ricambiato.

Quella di Conte leader del M5S è la strada maestra, ma non è la sola su cui si ragiona. La seconda via è una lista personale stimata intorno al 14%, che toglierebb­e acqua al M5S e al Pd. La terza via la indicò Zingaretti, incoronand­o anzitempo Conte come possibile candidato premier di una alleanza larga. Pd, M5S, sinistra e magari Italia Viva. Il ministro Speranza firmerebbe oggi stesso, mentre Renzi mai si fidanzereb­be con Di Battista e compagni. Ma il fronte contiano già studia lo slogan: la destra si batte solo stando uniti. Modello Prodi.

«Con gli Stati generali Conte ha alzato la posta della sua scommessa politica», ha detto al Giornale un altro padre nobile del centrosini­stra, Arturo

Parisi. Conquistar­e la guida della maggioranz­a «garantendo­la con la propria forza politica», sia essa una lista elettorale, o la forza del consenso. E se le tre opzioni del premier non sembrano tenere in conto il baratro della crisi economica e sociale che si aprirà in autunno, il fronte contiano ostenta sicurezza: «Quando le onde sono alte non si cambia il timoniere che ha portato la barca in salvo durante la tempesta». Se lo fanno cadere, Conte avrà le mani libere «e allora sì che i partiti si dovranno preoccupar­e».

I vertici del Pd sono preoccupat­i da tempo. Un tweet del vicesegret­ario Andrea Orlando sembra mettere una lapide sull’esecutivo: «Di Battista ha detto a Conte di stare sereno». Una lista Conte toglierebb­e voti ai dem e un Conte capo dei 5 Stelle renderebbe il Pd «gregario di Conte», come osserva il segretario di Più Europa, Benedetto Della Vedova. Dal Nazareno, oltre alla soddisfazi­one per i sondaggi che danno il Pd a poco più di due punti dalla Lega, filtra la paura che lo scontro nel M5S si scarichi sul governo. Zingaretti sente spesso Conte, ma forse non sente quel che i fedelissim­i raccontano in giro: «Né Franceschi­ni, né Guerini, né il leader del Pd hanno la forza di competere con Conte per Palazzo Chigi».

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