Quando i romanzi fanno capire tutto
La buona letteratura porta con sé questo dono prezioso: che quando meno te l’aspetti ti fa capire cose apparentemente inattuali, e cioè molto inattuali quando le leggi ma che diventano illuminanti quando improvvisamente quelle pagine forniscono gli occhiali per comprendere le cose in profondità, nel trambusto dell’attualità, quando la questione racchiusa nelle pagine di un romanzo diventano prime pagine dei giornali. I romanzi di Philip Roth, per esempio, sono come un arsenale di attrezzi che il lettore ha a disposizione per orientarsi con maggiore conoscenza e soprattutto, questa è l’arma in più della buona letteratura, con maggiore sensibilità, sottigliezza: empatia, come si dice oggi. Con Nemesi, un romanzo imprescindibile secondo me, noi possiamo capire, ora che la pandemia ci ha travolti, quanto sia stata crudele e terribile l’era della mancanza di vaccino contro la poliomelite, oggi una malattia pressoché battuta, ma un tempo, il tempo raccontato da Roth, capace di mietere tantissime vittime, fonte di sofferenze, di vergogna, di angoscia sociale. Con La macchia umana, Roth ci racconta l’immensa stupidità e feroce ottusità dell’ideologia del politicamente corretto, quando un equivoco lessicale può distruggere, come accade al protagonista Coleman Silk, la reputazione e la vita delle persone, quando una occhiuta polizia del pensiero, come quella che si sta esibendo in questo giorni di nuove censure e di fanatismo contro i simboli del passato «scorretto», invade l’esistenza, costringe al silenzio, apre le porte al linciaggio. Poi, per chi volesse capire qualcosa di più sulle vicende che nell’africa degli anni Trenta hanno coinvolto Indro Montanelli, sarebbe il caso di leggere un capolavoro un po’ dimenticato, e cioè Tempo di uccidere di Ennio Flaiano, il romanzo che vinse la prima edizione del Premio Strega nel 1947, dove il protagonista racconta i tormenti, gli orrori, le ingiustizie perpetrate e subite dai soldati italiani trascinati in una guerra e in una conquista coloniale senza grandezza e senza grande onore. Libri da leggere, che consentono anche giudizi meno superficiali, meno strillati, meno perentori, più attenti alle ombre che circondano le storie e senza impancarsi (abusivamente) a giudici che vogliono essere, come cantava il grande De Andrè, «arbitri in terra del bene e del male».