«Basta video, finalmente si torna ai live»
La pianista Rana: il «mio» festival riparte anche per dare dignità a noi musicisti abbandonati
«S ono stati mesi orrendi». Beatrice Rana, 27 anni, pianista di fama mondiale, che può vantare medaglie come il premio Abbiati, il Classic Brit Awards e il Cavalierato della Repubblica definisce così il suo lockdown. «E dire che l’ho vissuto da privilegiata, in casa dei miei in Puglia. Coccolata, ben nutrita, con un bel giardino… Ma sempre reclusa e costretta al silenzio come una monaca». Forse è per questo che Beatrice ha scelto di festeggiare il suo ritorno alla vita e alla musica in un ex-monastero, stavolta però fuori dalle mura. Quelle della magnifica abbazia di Santa Maria di Cerrate, vicino a Lecce, gioiello d’arte romanica restaurato grazie al Fai. Sfondo ideale per la quarta edizione di Classiche Forme, Festival internazionale di musica da camera ideato e diretto da lei, che lì si terrà dal 24 al 26 luglio.
«Tutti i concerti saranno all’aperto, nel cortile grande delimitato da chiesa, porticato, un’antica stalla. E due frantoi
Talento Beatrice Rana è nata a Copertino (Lecce) il 22 gennaio 1993 ipogei, perché lì accanto c’è un bosco di ulivi. Un luogo straordinario, una summa del Salento. Perfetto per esaltare la bellezza della musica».
Finalmente dal vivo. «Non ne potevo più di video fatti in casa, di streaming… Suonare via iphone sembra esser diventato normale ma non lo è.
In questi mesi ci siamo abituati a tutto, rassegnati a tutto. La professionalità di noi musicisti è stata snaturata, ridotta a mero intrattenimento social. I teatri sono in ginocchio ma possono ancora sperare in sovvenzioni, noi invece non ci aiuta nessuno. I nostri impegni vengono cancellati uno via l’altro a volte senza neanche avvisarci, senza risarcimenti di sorta. Siamo una categoria abbandonata a se stessa. L’italia campa grazie all’arte, ma a nessuno interessa la nostra sopravvivenza. In più manca la coesione, una logica che vada al di là del si salvi chi può. Dobbiamo provare a fare squadra, a ripartire insieme. Perché senza pubblico, senza concerti “veri”, non siamo nessuno».
Così, appena si è aperto uno spiraglio di luce, Beatrice si è messa al lavoro. «Gli spazi all’aperto del festival erano l’occasione giusta. Prima ancora che da direttore artistico stavolta ho ragionato da musicista. Mi sono messa nei panni di chi da troppo tempo è senza lavoro, senza prospettive. E ho provato a fare quello che vorrei facessero per me».
Tenendo conto delle direttive di sicurezza, ha rimodulato il programma in modo da poter distanziare gli artisti in scena, riducendo i fiati alla sola flautista Silvia Careddu, dando spazio agli archi, ospitando per due settimane sette violoncellisti in residenza diretti da Andres Rodrigo Lopez. Mentre Giovanni Sollima, special guest del festival, presenterà la sua nuova composizione, Reperti, scritta durante la quarantena. «E per il pubblico, accesso limitato su prenotazione. La sicurezza è il primo obiettivo, perché un concerto deve essere anzitutto un momento di benessere, da godere senza preoccupazioni di sorta».
Al suo fianco, presidente del Festival, Sir Antonio Pappano, bacchetta prestigiosa, direttore musicale dell’accademia di Santa Cecilia e della Royal Opera House di Londra. «Il mio mentore di questi ultimi anni, con lui ho fatto il mio primo cd per orchestra, la mia prima tournée. Un musicista di enorme spessore, che come me ama moltissimo il Sud. Due meridionali innamorati della musica. Non solo per il suo valore intrinseco ma perché ha il potere di avvicinare le persone, di permettere incontri. Cioè tutto quello di cui oggi sentiamo più bisogno».