Corriere della Sera

Porte chiuse, arbitri aperti ai consigli del Var

- di Paolo Casarin

Dalla Coppa Italia, a porte chiuse, sono emerse situazioni interessan­ti relative al comportame­nto fisico e mentale dei calciatori e degli arbitri. Che sono apparsi molto rispettosi del reciproco impegno. Nel silenzio degli stadi tutti sono sembrati inizialmen­te incerti e comunque privi dello spirito battaglier­o che abbiamo sempre osservato nel calcio. L’accensione alla partenza, che di solito spetta al pubblico, non è avvenuta tanto è vero che il primo gol, di Eriksen, è nato in un’area ferma e nemmeno un rigore ha scosso

Cristiano Ronaldo. Gli arbitri si sono trovati a giudicare un calcio corretto, con calciatori attenti ma a contatto tra di loro al punto che nelle due gare sono stati fischiati 60 falli in totale, la frequenza media del campionato in corso. Orsato, dotato di forte autonomia tecnica, ha sorpreso per la naturalezz­a con la quale ha ascoltato l’ottimo Aureliano (Var) che gli ha segnalato il fallo di mano volontario di Conti e, subito dopo, ha accolto il messaggio di Massa (quarto uomo), che gli ha fatto cambiare il giallo in rosso per il nervoso Rebic. Orsato non ha visto bene, ma ha, finalmente, scoperto che gli arbitri, nel caso di possibile errore, sanno operare come una squadra, senza accusare perdite di prestigio e fornendo, invece, il risultato vero. Napoli-inter non ha costretto Rocchi a un particolar­e impegno, vista anche la grande esperienza. Ma anche lui ha dimostrato qualche inesattezz­a — il secondo giallo per Young —, ma anche la capacità di ascoltare e approvare il motivo della chiamata di Valeri (Var) che aveva visto meglio di lui l’inesistenz­a di un rigore per il Napoli a opera di De Vrij. Avere dei dubbi, per un arbitro, non è una colpa: ricercare la soluzione migliore e adottarla serenament­e è il segno della crescita.

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