AL FUNERALE DI ALBERTO SORDI OGNUNO PIANSE LA PROPRIA MORTE
Caro Aldo,
il 15 giugno 1920 nasceva un grande attore italiano, Alberto Sordi. Il nostro Albertone nazionale ci manca per la sua grande capacità di comunicare, ridere. I suoi storici film, il tassinaro, il medico, il moralista . Il suo modo di essere spiritoso, acido, diagnostico: cioè il più grande attore italiano. Massimo Aurioso massimoa35@gmail.com
Caro Massimo,
Ho sempre pensato che a ogni funerale un po’ tutti (tranne gli intimi) piangano in realtà la propria morte. Questo fu a maggior ragione vero per il funerale di Alberto Sordi, e non solo perché il defunto aveva interpretato il mestiere di quasi tutte le migliaia di persone presenti, dai manovali ai politici, dai giornalisti ai magistrati, dai militari ai medici, dai preti ai vigili urbani. Sordi ha incarnato come nessuno l’italiano medio: il popolano romano con le sue meschinità e le sue astuzie, il piccolo borghese spaventato e sorvolato dalla storia, ma anche le classi dirigenti fellone e talora imbroglione (si veda «Il prof. dott. Guido Tersilli primario della clinica Villa Celeste convenzionata con le mutue»). Per questo suo calarsi nell’italianità più autentica e talora deteriore Pier Paolo Pasolini e molti altri non lo amarono. Ma dare oggi una lettura politica del suo lavoro sarebbe sbagliato; di sicuro in un mondo del cinema orientato a sinistra Sordi rappresentava l’anima democristiana (anche se l’idea di far intervenire Andreotti ne «Il tassinaro» nel ruolo di se stesso non fu tra le sue più felici). Non l’ho mai intervistato, ma seguii da cronista appunto il suo funerale, a San Giovanni in Laterano. Mai vista una partecipazione emotiva così intensa di un popolo di solito indifferente a tutto come quello romano. «Nun te posso vede’ così, dentro ‘sto legno» gridava una signora, come se avesse davvero perso un parente. Un gruppo di fan portò uno striscione che evocava forse l’ultima grande interpretazione di Sordi, il marchese del Grillo: «Sor marchese su basta co’ ‘sti scherzi, dai Albertone riarzete».
Parlarono Veltroni, allora sindaco, e il cardinale Ruini: «Ci hai tenuti allegri, ci hai aiutato a portare il fardello della vita». Per questo ora è giusto ricordare il centenario della nascita di Sordi. Il 1920 fu generoso: si pensi solo a Karol Wojtyla e Carlo Azeglio Ciampi. E qualcuno, tra i figli e le figlie di quell’anno, è ancora con noi. Indimenticabile il necrologio che arrivò al Corriere in morte di Sordi: «Ciao, Cretinetti. Franca Valeri, Milano».