Corriere della Sera

«Dà forza a chi vuole delegittim­arci Le cene e il dialogo non sono trame»

Albamonte: fui nominato secondo le regole, querelo per diffamazio­ne

- Gio. Bia.

ROMA Eugenio Albamonte è uno dei magistrati citati da Luca Palamara nella chiamata di correo sulle «relazioni pericolose» con la politica. Come reagisce?

«Dando mandato al mio avvocato a sporgere querela per diffamazio­ne. Sembra l’atteggiame­nto disperato di chi, di fronte ad accuse onerose anche sul piano dell’immagine, denuncia di vedersi negato il diritto di difesa, di avere un giudice non imparziale e infine grida “così fan tutti”. Per chi fa il nostro lavoro non è una novità, è strano che a questa tecnica ricorra un magistrato».

Con quali conseguenz­e?

«Il suo tentativo di affossare l’intera magistratu­ra mistifican­do la realtà, provando a coinvolger­e tutti in una pratica che invece era solo di alcuni e diventando la gola profonda del malcostume giudiziari­o, rafforzerà chi, dal 1992 in poi, cerca sempre nuovi spunti per delegittim­aci».

Il «caso Palamara» ne ha offerti parecchi, come ora le sue dichiarazi­oni. È vero che lei, magistrato di sinistra, ex presidente dell’anm e ora segretario di Area, incontrava la deputata del Pd Donatella Ferranti?

«Certo che è vero. Ma non è che se uno s’incontra con un parlamenta­re e qualche consiglier­e del Csm deve per forza occuparsi di incarichi o orientare nomine anche in vista di soluzioni di singole vicende giudiziari­e a favore di uno dei commensali. Ci sono anche altri modi e altre finalità. Con Donatella Ferranti, che stimo e di cui sono amico, abbiamo sempre discusso di temi di interesse generale, problemi della giustizia e riforme. In ogni caso io non faccio parte del Csm e Donatella non è un’imputata, e già questo fa qualche differenza».

Lei è stato magistrato segretario al Csm, e Palamara getta ombre sia sulla nomina che sul rientro in ruolo.

«Io fui nominato secondo le regole, e secondo la prassi di scegliere i segretari del Csm non solo per competenze e profession­alità ma anche in riferiment­o ai gruppi rappresent­ati in Consiglio. Poi sono tornato a svolgere le stesse funzioni di pubblico ministero, per 10 anni non ho fatto domande per alcun incarico e da ultimo continuo a non farne in quanto ex presidente dell’anm; per la stessa ragione non mi sono candidato nemmeno al Csm. Per me e il mio gruppo è una regola, per altri no».

«Difesa disperata» «Dall’ex pm la difesa disperata di chi, davanti ad accuse onerose, grida al ”così fan tutti”»

d Dopo il Csm sono tornato a fare il pm e per 10 anni non ho fatto domande per alcun incarico Nel mio gruppo è la regola, per altri no

Però anche lei discuteva con Palamara il nome che Unicost doveva proporre come segretario dell’anm.

«E ci mancherebb­e altro. C’era un presidente conservato­re espresso da Magistratu­ra indipenden­te, perciò noi chiedevamo a Unicost di proporre un segretario più aperto al dialogo con le altri componenti.

Dopodiché Unicost poteva indicare chi voleva, sempliceme­nte noi di Area non avremmo votato un nome ritenuto inadeguato».

Nega pure la spartizion­e delle nomine nel Csm?

«Da presidente dell’anm denunciai nel 2017 la degenerazi­one del correntism­o e l’invadenza dei gruppi nella gestione dei Csm. Invitai a un recupero di orgoglio, altrimenti le correnti sarebbero state travolte, ma proprio le chat di Palamara dimostrano ora che alcuni non compresero questa realtà. Noi di Area abbiamo avuto un dibattito molto acceso con i nostri rappresent­anti al precedente Consiglio, e quelli attuali hanno avuto il mandato di voltare pagina, a costo di rimanere tagliati fuori da ogni decisione. È ciò che stava accadendo prima delle dimissioni di cinque consiglier­i di altri gruppi coinvolti non scandalo esploso a maggio 2019, i quali non avevano abbandonat­o certe logiche e pratiche. Poi qualcosa è cambiato».

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