Verifiche su venti giudici
Albamonte, ex presidente dell’associazione: negli incontri coi politici parlavamo dei problemi, non delle nomine Le mosse del Csm dopo le accuse di Palamara. I colleghi: basta mistificazioni
Verifiche del Csm su venti giudici dopo le accuse di Palamara. «Negli incontri con i politici parlavamo di problemi, non di nomine» dice l’ex presidente dell’anm Albamonte.
Bongiorno (Lega) L’ex ministra: «È finito sotto i riflettori ma non è credibile che il problema sia solo lui»
Il contrattacco Sono disposto a dimettermi ma solo se ci sarà una presa di coscienza collettiva e se insieme a me si dimetteranno tutti coloro che fanno parte di questo sistema. Non farò il capro espiatorio di un sistema
ROMA Zitto, come auspicava l’associazione nazionale magistrati, non c’è stato. E ora su Luca Palamara, espulso sabato dall’anm che aveva guidato e passato all’attacco dei colleghi, piovono minacce di querele.
Ne parlano diversi magistrati coinvolti dall’ex pm nella chiamata di corresponsabilità nell’affaire delle nomine pilotate. Palamara, ex consigliere del Csm, captato da un trojan (nell’ambito di un’indagine della procura di Perugia che non è ancora arrivata all’udienza preliminare) venne sorpreso all’hotel Champagne mentre trattava con i renziani Luca Lotti e Cosimo Ferri, e altri colleghi consiglieri, nomine di incarichi direttivi di uffici importanti come la procura di Roma. Convinto di aver «sbagliato» ma «mai da solo» comincia a fare i nomi. A partire da Eugenio Albamonte, suo successore all’anm. Il primo a minacciare querele per le allusioni di Palamara relative a cene con l’ex presidente dem in commissione giustizia, Donatella Ferranti («in cui dubito si parlasse di calcio»). Pronto a ricorrere agli avvocati anche il segretario Anm, Giuliano Caputo, secondo Palamara inserito nel sistema di correnti che decideva le nomine.
«Non vediamo cosa ci sia di diffamatorio nelle dichiarazioni del nostro assistito. Sarà comunque un’occasione di chiarimento», obiettano i legali Benedetto e Mariano Marzocchi Buratti. « Piuttosto ci si dovrebbe seriamente interrogare sul trattamento ricevuto dal dottor Palamara, privato di difesa e di come il trojan non abbia carpito nulla di rilevante».
«Palamara mente», accusa una nota dell’anm. Quel diritto di difesa gli è stato dato «di fronte ai probiviri». Non è stato sentito dal direttivo di sabato, si precisa, «perché lo statuto non lo prevede».
La prende meglio, invece, uno dei probiviri tirati in ballo: Giuseppe Amato. Secondo Palamara «nel 2016 venne nominato procuratore di Bologna secondo i meccanismi di cui tanto si parla oggi. Fermo restando il suo indiscusso valore». «Non ce l’ho con lui, né con nessuno. Ma sono stato proposto all’unanimità, e votato all’unanimità: questo è il fatto che meglio dimostra come non ci fosse accordo di alcun tipo». In controtendenza, Amato contesta «chi vede solo lottizzazione nel Csm. Al contrario — dice — i parametri sono ben scadenzati e vedono il coinvolgimento di tutti, compreso il ministro della Giustizia che deve dare il suo concerto».
Ma le «rivelazioni» di Palamara non sono finite. E rendono più urgente, per la politica, accelerare sulle riforme. «Nei prossimi giorni credo si debba riflettere su una seria riforma del disciplinare dei magistrati, sottraendolo al Csm ed istituendo un’apposita corte che si occupi di tutte le magistrature. Credo sia utile lavorare a una legge costituzionale che vada in questa direzione coinvolgendo tutte le forze parlamentari», scrive su Facebook l’ex ministro della Giustizia, e ora vicesegretario pd, Andrea Orlando.
Il centrodestra attacca. «L’espulsione di Palamara dall’anm è un buon segnale,ma non basta» dice Giorgia Meloni (FDI), chiedendo le dimissioni immediate di tutti i magistrati coinvolti nello scandalo e un sorteggio per le nomine al Csm. Giulia Bongiorno (Lega) difende l’ex consigliere Csm: «È corretto quello che dice: i riflettori sono accesi su di lui ma è poco credibile che il problema riguardi solo Palamara». E Fabrizio Cicchitto (REL) chiosa: «Adesso manca solo far passare Palamara per matto. La verità è che il trojan è stato messo per boicottare la scelta di Viola a procuratore di Roma e non per scoprire episodi di corruzione mai esistiti di Palamara».