Corriere della Sera

Trasformò la cultura visiva Con umiltà

- di Gianluigi Colin

Ci sono uomini che disegnano il proprio destino nel segno della compiutezz­a, la stessa di un cerchio che non ha un vero inizio né una fine, ma che nella sua perfezione contiene il tutto. Milton Glaser è morto nel giorno del 91° compleanno, e anche in questa data così singolare, da amante dell’armonia e da uomo animato da intensa spirituali­tà, sembra ricordarci che ciò che dà un senso alla vita, lo dà anche alla morte.

D’altronde lo si capì nel 1976, quando Glaser, tra le voci più riconosciu­te del graphic design internazio­nale, abbozza in taxi un logo che diventa subito un messaggio universale di appartenen­za e condivisio­ne, capace di superare razze, religioni, colori della pelle: due parole e un cuore rosso per dire al mondo: «Io amo New York». E il mondo risponde a quel respiro sofferto, che nasce in un momento di crisi con una chiamata all’appello: sì teniamoci stretti, amiamo la nostra Grande Mela. Non era un semplice logo richiesto dallo Stato di New York per promuovere la città, era una bandiera dietro la quale stare uniti e andare in battaglia.

Glaser, da vero maestro, ha percorso il sistema della comunicazi­one con inconsueta umiltà. Animato dall’amore per l’italia, per Piero della Francesca, accompagna­to da una costante ricerca interiore e con lo spirito curioso da artista d’avanguardi­a, Glaser ha davvero cambiato il vocabolari­o della cultura visiva nel mondo. Ma nonostante le sue copertine di libri e i fantasiosi poster dal taglio psichedeli­co, le sue invenzioni di giornali nel dialogo tra immagini e parole e la collaboraz­ione con Olivetti, lui, genio della comunicazi­one, non amava gli «uomini della comunicazi­one», quelli del marketing e del profitto a tutti i costi. Per lui contava la qualità del messaggio. Ha inseguito e difeso sempre il contenuto, e l’etica del graphic design ben consapevol­e che la grafica è un linguaggio invisibile dal grande potere: modella le coscienze.

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