Hamilton simbolo di una F1 tutta nuova
e che come Fia ha diffuso una campagna per l’inclusione, e con il gruppo Liberty che si voleva spingere anche oltre: lanciando la campagna «per favorire le diversità», con tanto di logo arcobaleno e slogan «we race as one», ma che voleva anche far inginocchiare tutti i piloti in Austria.
Con i team, però, c’è stato dibattito vivace. Non tutti erano d’accordo (lo era il boss Mercedes Toto Wolff, che deve però anche compiacere Hamilton in fase di rinnovo di contratto), gli altri preferivano lasciare libertà di scelta ai piloti. Che, tra di loro, ne stanno parlando. Nessuna forzatura, è per esempio la posizione della Ferrari, che però supporta in prima linea la campagna per l’inclusione. Perché con la Politica — è lo stesso problema che ha il Cio con i Giochi — non si sa mai dove si va a finire: oggi si apre alla sacrosanta protesta dei neri ma se domani qualcuno volesse manifestare per qualcosa di più divisivo, per esempio, pro Erdogan (come i calciatori turchi)? Oppure per il sostegno dei diritti civili in Bahrein (da dove viene il co-proprietario della Mclaren) o in Arabia Saudita (dove si correrà)? La materia è delicata ma non è più un tabù, neanche a 300 all’ora. E Hamilton, per dirla con un film che lui non amerebbe, francamente se ne infischierà.