Le campagne per l’inclusione di Fia e Liberty Media L’idea di far inginocchiare tutti i piloti in Austria La prudenza dei team
calciatori (17 milioni di follower su Instagram, ospitate nei salotti tv più importanti d’america), l’ex studente bullizzato, il ragazzo diventato uomo attraverso la trasformazione più radicale vista nello sport: arrivò enfant prodige senza alcuna «coscienza» nera, poi i soggiorni negli Usa, la frequentazione del mondo hip hop, la lettura della poetessa Maya Angelou e il cambiamento che gli ha fatto scrivere sul Times: «La cultura nera americana ha avuto una grande influenza su di me (...). Mi sono preso del tempo per studiare la storia della Gran Bretagna dove esiste un razzismo silenzioso». Infine il polemista che dà dell’«ignorante» a Bernie Ecclestone.
Già, Ecclestone, ovvero la F1 com’era fino a ieri, il vecchio padrone del vapore (che ha gestito per anni assieme a Max Mosley, figlio del fondatore del partito nazista britannico), l’inglese ancora colonialista che dice «spesso i neri sono più razzisti dei bianchi», il Novecento che, definitivamente, esce di scena. Con gli attuali proprietari della F1, il gruppo americano Liberty, che prendono le distanze: «Siamo in totale dissenso. E ricordiamo che il suo titolo di presidente emerito è scaduto». Altro mondo.
Perché Hamilton è colui che ha svegliato tutti, ma è la stessa F1 a mostrare, oggi, un volto mai visto. E ad avere già fatto entrare la politica. Con il tweet del presidente della Fia Jean Todt che, sul suo account personale, ha rilanciato l’hashtag «blacklivesmatter»