Il dolore infinito della madre: «Io mi fidavo, lui li ha uccisi»
Lecco, il padre assassino dei gemelli. Lui non aveva mai obiettato nulla sulla separazione
«Mi fidavo di lui» dice Daniela, la moglie di Mario Bressi, che venerdì ha soffocato i figli 12enni Elena e Diego. Ma la pianificazione della «vendetta» per la separazione, in apparenza consensuale, che era stata avviata potrebbe essere partita da molto lontano.
Nel trilocale di Margno, seconda casa di proprietà dei suoi genitori, Mario Bressi e i figli non erano mai stati da soli. Non così a lungo: erano da mercoledì in alta Valsassina, nel paese di quattrocento abitanti e altrettanti turisti a Natale e d’estate, in provincia di Lecco. Bressi aveva chiesto il permesso alla moglie e lei aveva acconsentito. Per quale motivo negare ai gemelli dei giorni d’aria buona in montagna col papà?
La pianificazione dell’assassino, che la sera di venerdì ha soffocato i 12enni Elena e Diego, e si è lanciato da un ponte, potrebbe essere iniziata da lontano. Aveva progettato la vendetta, la più atroce, contro Daniela. Da mesi, nell’elegante appartamento di Gessate, in provincia di Milano, si parlava della separazione. A maggio Daniela aveva contattato l’avvocato. Bressi aveva sollevato istantanee preoccupazioni non tanto per l’interruzione di uno storico rapporto, avviato quand’erano ragazzini, quanto per il timore di non vedere più i figli. «I miei figli», insisteva l’assassino, quei figli che ovunque andasse gli procuravano complimenti e l’appagavano. Daniela aveva subito fugato i timori escludendo categoricamente l’ipotesi, per il bene proprio dei gemelli e anche per la tranquillità del marito, di allontanamenti, ostacoli, scenate, ripicche; le relazioni, aveva giurato, sarebbero rimaste civili, Elena e Diego sarebbero stati più tempo possibile con i genitori insieme. Una gestione da persone adulte. Ad ascoltare i frammenti di resoconti in caserma e ai famigliari che in queste ore sono vicini a Daniela, soprattutto sorreggendola fisicamente, dal momento della scoperta dei corpicini, con quell’urlo innaturale che ancora fa tremare i vicini di casa, Bressi non aveva mai sollevato obiezioni. Mai. Non aveva discusso nè chiesto ulteriori chiarimenti. Non aveva lasciato filtrare. La finzione totale. Star zitto e pensare. Star zitto e macchinare. Star zitto e preparare. La mente che andava e andava, ideando come punire Daniela e ribellarsi a quella che considerava un’ingiusta punizione di un mondo, il suo, soltanto il suo mondo, che dopo quarantacinque anni d’ordinata diligente esistenza senza problemi, gliene presentava uno.
Assumono adesso rilevanza zero e sono al contrario offensivi i dettagli relativi per esempio alla lettera scritta a Daniela quando già i gemelli erano senza vita: righe per dire alla moglie che era colpa sua. Ugualmente inutile soffermarsi sugli sms inviati sempre a Daniela quand’ancora l’orrore non era cominciato, sms dove Bressi parlava di futuro, i campi estivi dei gemelli, le gite al mare, per programmare l’agenda famigliare in anticipo. Fingeva di nuovo. Forse s’era perfino preso gioco della moglie sapendo che lì a poco l’avrebbe svegliata di notte con quel messaggio: «Ora resterai da sola». Forse aspettava un riscontro sul fatto che fosse già a letto o meno, per calibrare la cronologia. La cena, Elena e Diego che giocano, si stancano, mangiano, si appisolano forse sedati, anche se la Rilievi non avrebbe trovato traccia di sostanze e bustine (domani le autopsie). Il Corriere ha scelto di non indugiare su particolari della scena del crimine. Non aggiungono niente, ma poi cosa c’è da aggiungere? Chi in paese ha incontrato i soccorritori ha raccontato d’aver visto persone che vomitavano ancora, a distanza di ore. Fra i carabinieri più d’uno ha ammesso che credeva di non resistere.
Daniela ha ribadito all’infinito il verbo fidarsi. «Mi fidavo». Del resto, avesse avuto un minuscolo dubbio non avrebbe acconsentito. L’assassino e i gemelli sarebbero dovuti rientrare a Gessate sabato. E sabato, in macchina quando il cellulare del marito suonava a vuoto e così quelli di Elena e Diego, Daniela ha avvisato gli stessi carabinieri ma nell’angoscia non ricordava il nome della via del trilocale, ricordava solo la vicinanza con la funivia che porta ai Piani delle betulle, il luogo dell’ultima gita di Bressi e dei gemelli. La macchina dell’assassino era parcheggiata a breve distanza dal ponte del suicidio. Meticoloso, controllato fino alla fine: l’interno della vettura sembrava quella di una appena acquistata al concessionario; pulita, niente polvere sul cruscotto, il diesel in abbondanza nel serbatoio.
Da mercoledì
Le aveva chiesto di stare qualche giorno coi ragazzi. Sarebbero dovuti rientrare sabato