Polonia, voglia di 1990: sovranisti in testa, ma i filo-ue ora ci sono
L’affluenza più alta dal ritorno della democrazia Duda al 42%. Il sindaco di Varsavia però può batterlo
La Polonia va al ballottaggio. Domenica 12 luglio tornerà alle urne per scegliere il presidente dei prossimi cinque anni tra i due concorrenti più votati: il capo di Stato in carica, Andrzej Duda, sostenuto dai conservatori al potere e da parte delle gerarchie ecclesiastiche, o l’attuale sindaco di Varsavia, Rafal Trzaskowski, capofila dell’opposizione e leader dei liberali di Piattaforma Civica.
Ieri sera gli exit poll hanno confermato lo scenario più probabile fin dalla vigilia: Duda non ha conquistato la maggioranza assoluta dei consensi e dovrà quindi affrontare il secondo round per mantenere la posizione. I sondaggi condotti dall’istituto Ipsos alle uscite dei seggi attribuiscono il 41,8% dei voti a favore del presidente e il 30,4% al suo sfidante. Se confermato, il divario è netto, ma Trzaskowski potrebbe incassare nei prossimi 15 giorni l’appoggio del giornalista televisivo, cattolico progressista, Szymon Holownia, titolare del 13% delle preferenze. E di Wladyslaw Kosiniak Kamysz, del Partito dei Contadini, con il 2,6%.
Il duello appassiona il Paese. I polacchi hanno capito che questa tornata è cruciale; e, nonostante il coronavirus sfiori il picco, hanno fatto la coda ai seggi, indossando le mascherine e portandosi la penna da casa, come raccomandato. Alle 21 aveva votato quasi il 63% degli aventi diritto, contro il 48,96% del 2015: l’affluenza più alta in 30 anni di democrazia.
La scelta è tra il benessere promesso alle famiglie e ai pensionati da Andrzej Duda, 48 anni, caldeggiato dal PIS, «Diritto e giustizia», il partito conservatore di Jaroslaw Kaczynski, e il riavvicinamento ai parametri giuridici e morali dell’europa, propugnati da Rafal Trzaskowski, stessa età, candidato all’ultima ora, grazie al rinvio delle elezioni, fissate inizialmente per il 10 maggio.
La pandemia ha dato un notevole scossone alla situazione economica della Polonia, che affronta la sua prima recessione dal 1991: il calo del Pil, stimato attorno al 5%, potrebbe arrivare al 10% prima della fine dell’anno. Il sovranista Duda appare dunque agli occhi dei suoi elettori come il garante della stabilità in acque burrascose, oltre che il paladino della famiglia e dei valori tradizionali.
Gli allarmi interni ed esterni (in particolare della Commissione europea) sulle derive autoritarie del governo di Mateusz Morawiecki, sulle riforme che indeboliscono l’indipendenza della magistratura, sull’ostilità verso le coppie gay e i diritti delle donne, hanno convinto però una fetta importante dei polacchi a schierarsi con i liberali centristi di Piattaforma Civica e con Trzaskowski.
L’europa è una spettatrice trepidante del conflitto interno tra due opposte visioni del futuro. La Polonia, sesta potenza economica dell’unione, si è mostrata sorda o almeno indifferente ai richiami e alle quattro procedure d’infrazione inutilmente aperte nei suoi confronti dal 2017.
Duda, pur presentandosi come filo europeo, ha dimostrato di non considerare Bruxelles un interlocutore imprescindibile e ha appena visitato oltreoceano Donald Trump che lo lusinga citandolo come partner ideologico e amico ideale della Casa Bianca. E promette alla Polonia parte delle forze militari che intende ritirare dalla Germania.