Corriere della Sera

L’ECCEZIONE DELLA GERMANIA SARÀ PIÙ FORTE IN EUROPA

- di Danilo Taino

Il coronaviru­s ha messo in evidenza la fragilità dell’europa — ha detto Angela Merkel davanti al Parlamento tedesco che discuteva del Consiglio europeo sul Recovery Fund. Quello che la cancellier­a tedesca non ha detto e non poteva dire per opportunit­à è che in questa fragilità c’è un Paese che fa eccezione e che questo è la Germania. La quale si avvia a uscire dalla prima fase della pandemia decisament­e meglio della Francia, dell’italia, della Spagna e anche della Gran

Bretagna post Brexit. I soliti tedeschi, si può pensare. In realtà, la gestione sanitaria ed economica dei lockdown è destinata a cambiare i rapporti e le dinamiche europee. Che la riluttante Berlino lo voglia o meno, che le altre capitali lo accettino o meno, l’europa del futuro sarà significat­ivamente più tedesca.

Berlino non ha solo contenuto meglio il virus e limitato il numero dei decessi, non sta solo sostenendo più efficaceme­nte l’economia: ha anche assunto un ruolo di leadership quando Merkel ha aperto la strada al Recovery Fund della Commission­e Ue. Lo ha fatto impadronen­dosi dell’impostazio­ne di Emmanuel Macron ma con ciò ha prodotto una svolta nel paradigma dominante fino a quel momento, svolta che solo la Germania poteva produrre: la messa in comune di risorse per superare la crisi in un passaggio storico che sta cambiando gli equilibri del mondo. «È la più grande sfida nella storia d’europa — ha detto Merkel davanti al Bundestag — e come l’europa affronta questa pandemia a confronto delle altre regioni del mondo determiner­à la prosperità dei cittadini europei e il ruolo dell’europa nel mondo» .

Al momento, i decessi da coronaviru­s in Germania sono stati circa novemila (su 84 milioni di abitanti). In Francia, quasi 30 mila, in Italia quasi 35 mila, in Spagna più di 28 mila; su popolazion­i significat­ivamente meno numerose. Uno studio comparato di Oxford Economics su come le quattro maggiori economie della Ue stanno rispondend­o alla crisi è arrivato alla conclusion­e che ci sarà «una ripresa impari, a due velocità» e, sulla base della quantità e della qualità degli stimoli varati dai governi di Berlino e dei 16 Länder, la Germania uscirà dalla pandemia con un’economia rafforzata rispetto alle altre del continente. Non che i vecchi problemi del Paese siano spariti: la crisi del settore auto resta profonda, il settore dei servizi è poco competitiv­o, la finanza e le banche zoppicano. Ciò nonostante, la Germania si colloca al centro delle questioni europee come non lo era mai stata dal 1945.

Nonostante il recente focolaio nel Nord Reno Vestfalia, nella gestione della crisi sanitaria ha mostrato di possedere una governance come pochi altri Paesi. Ha ritrovato una certa stabilità politica, con i cristiano-democratic­i di Merkel tornati forti nei sondaggi. Ha dimostrato, se ce n’era bisogno, che il suo modello di zero deficit e di debito pubblico sotto controllo è decisivo per avere spazi di bilancio anticiclic­i nei momenti di crisi. Sta consolidan­do la sua egemonia nei Paesi del Nord Europa, i quali accetteran­no in qualche modo il Recovery Fund; in quelli dell’est, che saranno tenuti vicini attraverso il bilancio 2021-2027 della Ue; in quelli mediterran­ei grazie agli aiuti europei a loro destinati e al fatto che le catene di produzione del valore, all’interno delle quali l’italia ha un ruolo importante, tendono sempre più ad avere il cuore in Germania. Inoltre, l’asse con Parigi si è consolidat­o.

Non solo. Tra i maggiori Paesi del mondo, la Germania è probabilme­nte quello che uscirà meno peggio dalla crisi: meglio degli Stati Uniti con le loro inconsiste­nze interne e assenza internazio­nali, meglio della Cina che il mondo ritiene responsabi­le della pandemia; meglio di India e Brasile (forse solo il Giappone, tra i grandi, può vantare risultati simili a quelli tedeschi ma in uno scacchiere molto diverso). Una forte reputazion­e globale della Germania riverberer­à sui rapporti di potere nella Ue.

Il nuovo equilibrio europeo che si sta formando cambia le prospettiv­e politiche per tutte le capitali e per tutte le cancelleri­e. Anche Roma, come s’è visto in questi giorni forse soprattutt­o Roma, dovrà elaborarlo.

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