Condono, stop a Conte
Il premier alla Germania: garanzie sul Recovery fund. Alzano, 110 polmoniti sospette da novembre Braccio di ferro con Pd e 5 Stelle. Zingaretti: rischiamo la palude
La contesa PD-M5S non si placa. Nell’ultimo vertice si è inasprita con uno stop dem a Conte su «ogni forma di condono». Ieri il premier ha sentito Merkel, alla quale ha ribadito la richiesta di garanzie sul Recovery fund. Incassando l’impegno a portare avanti una «proposta ambiziosa», in cambio della determinazione a cambiare passo. Zingaretti, però, avverte: «Rischiamo la palude». Intanto, si indaga su 110 polmoniti sospette ad Alzano da novembre.
La polemica
Il presidente del Consiglio: norma chiesta dai governatori, tra cui Bonaccini
Le tensioni
Il rischio di un incidente in Aula fa slittare a settembre la riforma dei decreti Sicurezza
ROMA Giuseppe Conte che, nel chiuso del vertice a Palazzo Chigi, difende il decreto Semplificazioni anche negli articoli più controversi. E Dario Franceschini che chiede al premier di «far sparire dal testo ogni forma di condono». È un altro passaggio, l’ennesimo, del braccio di ferro ormai quotidiano tra il premier e i vertici del Pd, che soffrono ogni giorno di più le scelte (o le scelte mancate), del capo del governo.
Lo scontro tra i dem e il Movimento sui fondi europei non accenna a placarsi, anche perché Conte ha ricevuto una telefonata di Angela Merkel. Quasi 45 minuti alla vigilia del semestre di presidenza tedesca, a cui Palazzo Chigi guarda con ottimismo. La conversazione con la cancelliera sul programma Next Generation Eu in vista del Consiglio europeo del 17 e 18 luglio sarebbe stata «molto costruttiva», il che smentirebbe gli attriti innescati dal pressing di Merkel sul Mes: il prestito a interessi zero per la sanità che fa venire l’orticaria ai 5 Stelle.
Viste le tensioni incrociate che mettono a rischio la tenuta della maggioranza, Conte rimanda ancora il problema e punta a incassare il sì dell’europa all’intero pacchetto di aiuti. «Se Olanda, Austria, Danimarca e Svezia proveranno a intaccare la consistenza del Recovery fund per l’italia — ha messo in chiaro Conte nella conversazione con Merkel — ci troveranno meno flessibili sul bilancio europeo». Dalla Cancelliera il capo del governo ha incassato l’impegno a portare avanti una «proposta ambiziosa» nei numeri, ma a sua volta, per placare i «falchi», ha voluto tranquillizzarla sulla determinazione a modernizzare l’italia. «Stiamo realizzando riforme importanti per sbloccare gli investimenti e semplificare il Paese — ha spiegato Conte —. E le facciamo perché ce le chiedono gli italiani, non tanto perché le vuole Bruxelles».
Quella a cui Conte tiene di più è il «metodo Genova» per una lunga lista di opere pubbliche di interesse nazionale, come ponti, autostrade e ospedali, che potranno procedere spedite a colpi di decreti della presidenza del Consiglio (Dpcm), grazie a procedure semplificate e alla eventuale nomina di un commissario con «poteri straordinari». Ma sono proprio le riforme a far ballare il governo. Il rapporto privilegiato con il M5S è in crisi da tempo e ora scricchiola anche l’asse col Pd, che non nasconde più la delusione.
Alle otto e mezzo della sera, dalla riunione di governo cui partecipano anche i ministri Gualtieri e Dadone e il sottosegretario Fraccaro, filtra la notizia che il condono denunciato dai Verdi è stato stralciato dal testo del decreto (assieme alle norme sulla PA), segno che Conte ha perso la sua battaglia. Il premier l’ha condotta a viso aperto. Ha sostenuto che la norma era stata proposta da alcuni governatori «tra cui Bonaccini» e portata avanti dalla ministra Dadone. E, da giurista, ha contestato che si trattasse di un condono in senso proprio: «Le sanzioni sono confermate».
A mettere in minoranza il capo del governo — con Alfonso Bonafede descritto come «silente» dagli alleati — è stato l’asse tra il Pd, Italia Viva e Leu, concordi sulla necessità di velocizzare le procedure, ma contrari seguire la rotta del precedente governo con la Lega. Speranza non ne vuol sapere e va subito al punto: «Questo testo proprio non va, in sostanza dà ai Comuni il potere di sanare gli abusi con varianti edilizie. E poi, cosa c’entra con le semplificazioni?».
Per smentire di voler accentrare le decisioni, Conte ha allargato la riunione. Al tavolo, oltre a Marianna Madia per il Pd, Davide Faraone per Italia Viva, Cecilia Guerra per Leu e Loredana De Petris per il gruppo Misto, c’è anche il vicesegretario del Pd. Andrea Orlando, come Speranza, è stato assessore all’urbanistica e dà manforte al ministro della Salute. La tenaglia si stringe e il premier deve arretrare, fino allo stralcio del condono. E non è tutto, perché altri nodi non sono sciolti e la riunione riprenderà oggi alle 12. Da risolvere anche la questione dell’abuso di ufficio, reato che il Pd, chiedendo «più coraggio», ha proposto di cancellare.