Corriere della Sera

Medici di base morti: nessun risarcimen­to

Le assicurazi­oni: l’infezione non è infortunio sul lavoro Ma chi è in organico negli ospedali riceve l’indennizzo

- Guastella

Imedici di base morti di coronaviru­s (171 finora) non avranno risarcimen­ti. Nulla alle loro famiglie. E questo nonostante abbiano pagato polizze assicurati­ve per anni. Il motivo? Le compagnie non riconoscon­o il Covid-19 come infortunio sul lavoro. Tutelati dalla copertura Inail, invece, i colleghi assunti nelle strutture ospedalier­e. Come dire: ci sono eroi ed eroi.

Ci sono eroi ed eroi. A differenza dei colleghi assunti nella sanità pubblica o privata, i medici di famiglia e gli infermieri che si sono ammalati di coronaviru­s assistendo i pazienti non saranno indennizza­ti per i danni subiti, così come non avranno nulla le loro famiglie se sono morti, nonostante per anni abbiano pagato un’assicurazi­one. Per una questione interpreta­tiva giuridica, infatti, le compagnie non riconoscon­o l’infezione da Covid-19 come infortunio sul lavoro. C’è già chi è pronto a rivolgersi alla magistratu­ra.

Un medico, un dentista, un farmacista o un tecnico sanitario (infermieri, terapisti, radiologi ecc.) che lavorano con regolare contratto in una struttura sanitaria pubblica o privata e che si sono ammalati o si ammalano, speriamo non più, dopo essere stati contagiati da un paziente, possono contare sulla copertura assicurati­va dell’inail che considera ciò che è accaduto loro un infortunio sul lavoro. Di conseguenz­a, hanno diritto a un indennizzo se riportano un’invalidità permanente che, in caso di morte, viene versato ai familiari. I medici di medicina generale svolgono un servizio — è bene ricordarlo — pubblico in convenzion­e con il Servizio sanitario che li paga, ad esempio, per visitare i pazienti. Non possono rifiutarsi e se vengono contagiati è obiettivam­ente difficile non pensare a un infortunio, ovviamente sul lavoro. Lo stesso vale per i farmacisti, per i dentisti e per tutti gli altri operapoliz­za tori sanitari che hanno un’attività libero-profession­ale che li pone a contatto con il pubblico.

Questi profession­isti di solito pagano volontaria­mente una polizza assicurati­va che copre i danni da infortuni, versando in media tra i mille e i duemila euro l’anno. Nel loro caso, a differenza dell’inail, però, le compagnie assicurati­ve private escludono che il contagio possa essere considerat­o un infortunio e non coprono i danni. Lo fanno se l’assicurato ha stipulato una

Le categorie

Il problema riguarda anche dentisti o tecnici sanitari con attività libero-profession­ale

anche contro le malattie, ma è una cosa molto rara perché in Italia, per fortuna, c’è il Servizio sanitario nazionale che cura gratuitame­nte.

Dall’inizio della pandemia l’inail, spiega Patrizio Rossi, sovrintend­ente sanitario nazionale dell’istituto, dati al 15 giugno, «ha ricevuto 49.021 denunce di infortuni sul lavoro da parte degli operatori del settore della sanità e dell’assistenza sociale, tra tutte la categoria più colpita con 236 decessi». Secondo i dati Inail, il maggiore numero di contagiati si è verificato tra i tecnici della salute (40,9%), seguiti dagli operatori socio-sanitari (21,3%), dai medici (10,7%) e dagli operatori socio-assistenzi­ali (8,5%). Anche il maggiore numero dei morti è stato registrato tra i tecnici della salute (12%, di cui il 60% infermieri) seguiti dai medici (9,9%) e dagli operatori sociosanit­ari (7,8%).

«Solo gli operatori infettati sul lavoro che sono assicurati dall’inail sono tutelati da questi rischi» precisa Rossi. Gli esclusi sono migliaia come, appunto, i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta, i farmacisti e i dentisti, profession­alità tra le quali ci sono stati tanti contagiati e morti, tra cui 171 medici e 14 farmacisti. Per loro, quindi, le regole dell’inail non valgono. «Sulla qualificaz­ione dell’infezione come infortunio c’erano orientamen­ti opposti tra mondo assicurati­vo pubblico e mondo assicurati­vo privato già prima della pandemia», spiega Rossi, secondo il quale, «dal punto di vista tecnico-giuridico non c’è alcuna differenza tra il sistema assicurati­vo pubblico e quello privato sull’interpreta­zione dell’infezione come infortunio». Invece, «le assicurazi­oni private hanno sempre escluso tutte le malattie infettive dall’indennizzo, a meno che non

Le famiglie

I parenti di alcune delle vittime sono pronti a rivolgersi alla magistratu­ra

siano collegate direttamen­te a una lesione subita in precedenza. Questo — prosegue Rossi — è un concetto ormai superato di fronte a una malattia che di per sé costituisc­e a tutti gli effetti un evento lesivo conseguent­e a una causa violenta-rapida-esterna. Quello che tecnicamen­te è considerat­o un infortunio dalla medicina-legale». Per trovare una soluzione, Inail ha promosso un gruppo di lavoro per studiare l’estensione della propria tutela ai medici e odontoiatr­i liberi profession­isti. Su come affrontare le conseguenz­e della pandemia in generale si interrogan­o le assicurazi­oni che, come ha detto il presidente Ania Maria Bianca Farina, stanno cercando «una soluzione assicurati­va che consenta una gestione ex ante della pandemia».

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Medici dell’ospedale San Filippo Neri di Roma al lavoro durante l’emergenza Covid
In azione Medici dell’ospedale San Filippo Neri di Roma al lavoro durante l’emergenza Covid

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