Le cronache di Narni
Sottoscrivo idealmente la petizione del Deta (Dipartimento europeo tutela androidi) per intestare una via di Narni a Jeeg Robot. Mi spingerei addirittura oltre, proponendo al Comune umbro di erigergli una statua, ovviamente in acciaio. Ho già controllato: nel corso della sua lunga e onorata attività in difesa del genere umano, Jeeg Robot non ha mai avallato la schiavitù, non ha sposato abissine di dodici anni, né invaso pacifici isolotti centramericani con la presunzione di avere trovato una scorciatoia per le Indie. Non ha partecipato neppure a «Via col Vento». Insomma, è pulito. Lo si può serenamente eternare nel nome di una strada o al centro di una piazza, senza sottoporlo al rischio di retromarce imbarazzate e imbrattamenti multipli nel breve volgere di qualche secolo. A meno che.
A meno che in futuro le macchine prendano il potere. Ipotesi tutt’altro che peregrina e forse già in via di sperimentazione, a giudicare dallo sguardo fisso di alcuni nostri ministri. In questo caso, la sua spiccata propensione per gli esseri umani potrebbe valere a Jeeg Robot l’accusa di collaborazionismo, con tutto quel che segue: processi postumi e vecchie dichiarazioni di Goldrake opportunamente rispolverate al fine di infangarne la memoria. Pensandoci meglio, ritiro la mia adesione a via Jeeg Robot e propongo di intestare una strada di Narni ai difensori della libertà di Hong Kong o almeno al Virologo Ignoto: il primo che riuscirà a parlare di seconda ondata senza farmi venire l’ansia.