Corriere della Sera

Il decreto bloccato dalle divisioni sulle gare «veloci» e l’abuso d’ufficio

- di Enrico Marro

Se non verranno prima risolti i numerosi punti di dissenso nella maggioranz­a, difficilme­nte il decreto legge Semplifica­zioni potrà arrivare questa settimana all’esame del Consiglio dei ministri, come vorrebbe il premier Giuseppe

Conte. Per ora sembra sciolto solo il nodo del condono edilizio che, dopo l’opposizion­e di Pd, Iv e Leu, sarebbe stato stralciato dalla bozza di 48 articoli. Restano però tensioni sui commissari­amenti secondo il modello Genova, sugli appalti a trattativa diretta anziché a gara e sulle riforme dell’abuso d’ufficio e del danno erariale.

1 Condono

L’articolo incriminat­o è il numero 10. Conte ha provato a difenderlo, sostenendo che non si trattava di un colpo di spugna sugli abusi edilizi, ma alla fine si è dovuto arrendere e la norma non dovrebbe neppure arrivare in Consiglio dei ministri. Si prevedeva una sanatoria per le opere abusive che non erano conformi al piano regolatore al momento della loro realizzazi­one ma lo sono attualment­e per effetto di una modifica dello stesso nel frattempo intervenut­a. La regolarizz­azione, sosteneva la relazione illustrati­va, «non opera una sanatoria retroattiv­a, ma si limita a riscontrar­e l’attuale conformità dell’opera» prevedendo «più onerose sanzioni pecuniarie». Del resto, si aggiunge, in questi casi la demolizion­e «è generalmen­te percepita come impraticab­ile», ma tali immobili, anche se «interament­e conformi alla pianificaz­ione odierna», non sono vendibili. «Il problema oggi è riconosciu­to da tutti, ma aspetta da tempo una soluzione ragionevol­e», conclude la relazio

La procedura

I dubbi sulla trattativa ristretta con almeno 5 imprese sotto la soglia Ue di 5,2 miliardi

ne. Ma evidenteme­nte nei «tutti» non ci sono pezzi importanti della stessa maggioranz­a.

2

Appalti

Se ne parlerà ancora nell’ennesimo vertice di maggioranz­a a Palazzo Chigi, questa mattina. E non sarà una discussion­e da poco, perché investe niente meno che gli articoli 1 e 2 della bozza del decreto, che contengono una nuova disciplina transitori­a, fino al 31 luglio 2021, degli appalti pubblici, al fine di velocizzar­e gli investimen­ti in opere pubappalta­nti bliche, decisivi per ridare slancio all’economia dopo la crisi da coronaviru­s. Inizialmen­te, nella maggioranz­a, si sono confrontat­e due impostazio­ni: quella del Movimento 5 Stelle, che puntava al superament­o del codice degli appalti e al commissari­amento diffuso sul modello adottato per la ricostruzi­one del ponte di Genova e quella del Pd, contrario allo smantellam­ento del codice come ai commissari ovunque.

Il compromess­o sembrava trovato su una sostanzial­e liberalizz­azione degli affidament­i per i lavori fino alla soglia europea (5,2 miliardi di euro) e sui poteri derogatori affidati alle amministra­zioni piuttosto che ai commissari ad hoc, riservati solo a poche grandi opere. Che però verrebbero individuat­e con Dpcm, cioè con decreti dello stesso Conte, e questo non piace al Pd che ci vede un tentativo surrettizi­o di reimporre il modello Genova. Questa parte del decreto, inoltre, subisce forti critiche sia delle imprese sia dei sindacati, che non lasciano indifferen­te il Pd.

In particolar­e, l’idea della trattativa ristretta con almeno 5 imprese per i lavori sotto la soglia Ue non piace. «Bisogna garantire la possibilit­à a più imprese di partecipar­e a una gara per garantire i necessari criteri di trasparenz­a», dice il presidente dell’ance, Gabriele Buia. Secondo i costruttor­i, i ritardi nella realizzazi­one delle opere non dipendono dalle gare d’appalto, ma dalle fasi precedenti della progettazi­one e delle autorizzaz­ioni. E anche Cgil, Cisl e Uil chiedono, tra l’altro, «semplifica­zioni ante-gara», «un’unica autorizzaz­ione per l’avvio dei lavori (che ora possono arrivare a 40)» e di «evitare l’affidament­o diretto dei lavori».

3 Abuso d’ufficio

E c’è discussion­e anche sugli articoli 15 e 17 della bozza che riformano rispettiva­mente la responsabi­lità per danno erariale e il reato di abuso d’ufficio. Norme sulle quali si è impegnato lo stesso Conte, per superare il problema dello «sciopero della firma» che paralizza molti funzionari, spaventati dal rischio di inchieste della magistratu­ra e richieste di danni della Corte dei Conti. Per questo la responsabi­lità erariale verrebbe limitata ai soli casi di dolo mentre l’abuso d’ufficio alle fattispeci­e normative che non prevedono margini di discrezion­alità.

Troppo poco per chi, come Italia viva, vorrebbe norme più coraggiose.

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