LA MANO TESA ALLA DESTRA MA IL GOVERNO RESTA NEL LIMBO
La sicurezza che Giuseppe Conte sfoggia sui prossimi voti in Parlamento sembra dire due cose. La prima è che il governo è conscio di essere favorito dall’assenza di alternative. La seconda è che il premier confida nel «senso di responsabilità dei parlamentari». E la sensazione è che si rivolga ad alcuni settori dell’opposizione, come FI. «I numeri ci sono ancora», fa sapere. E alla fine le soluzioni sulle risorse in arrivo dall’europa «saranno condivise doverosamente» con le Camere. Il fatto che ieri abbia scritto all’opposizione di destra proponendole un incontro, accettato, dovrebbe servire a svelenire i rapporti.
Ma quello che il capo del governo non può dire è la provenienza delle minacce alla stabilità: i contrasti nella maggioranza. Soprattutto, preoccupa l’atteggiamento di un Movimento Cinque Stelle che, tra faide interne, abbandoni e «no» ai provvedimenti europei, si sta segnalando per una spinta insopprimibile a lanciare segnali passatisti. A parte il «no» d’ufficio sul prestito del Mes, ieri ha rispolverato quello alla Tav. È bastato che dal sindaco di Lione arrivassero appelli a fermare l’alta velocità ferroviaria per far scattare il vecchio riflesso grillino.
È rispuntata d’istinto la logora bandiera ideologica del no-tav. Conte ha ironizzato sui giornalisti a proposito di Mes, l’altro tabù, sostenendo che ogni giorno forniscono date diverse sull’approvazione. «Prima era giugno, poi luglio, adesso è settembre. Io ho deciso quello che ho deciso già una volta e non ho cambiato idea», ha detto. Eppure, nella ricostruzione del premier si indovina una sorta di involontaria rimozione. Conte tende a non vedere che la confusione forse nasce in primo luogo dall’incertezza del governo. Non
I contrasti
Le minacce alla stabilità vengono dai contrasti nella maggioranza e nel Movimento rispuntano le logore bandiere ideologiche
si è ancora capito quale sia la posizione ufficiale. E non avere mai affrontato il nodo del prestito di 37 miliardi nelle lunghe giornate degli Stati generali dell’economia ha conferito un tocco surreale a quella lunga sfilata di problemi e categorie. Tuttora il Mes rimane in un limbo dal quale Conte non riesce a strapparla. Per quanto probabilmente sia un falso problema rispetto all’esigenza di fissare le priorità della ripresa e come spendere gli aiuti, il M5S lo ha radicalizzato.
E invece di approfittarne per distinguersi da Lega e Fratelli d’italia, li ha inseguiti su una linea demagogica. «È il più grande messaggio di sfiducia che si può dare in questo momento», secondo Romano Prodi, ex presidente della Commissione Ue. Il governo può vantarsi dei riconoscimenti dell’organizzazione mondiale della sanità per come ha saputo combattere il coronavirus. Ma pensare di vivere sulla rendita di posizione dei mesi scorsi potrebbe rivelarsi un calcolo miope: tanto più se contraddetta da maldestri passi indietro.