Corriere della Sera

I duelli tra il premier e Franceschi­ni nelle riunioni sempre più tese

Le divergenze dopo i primi mesi di buon feeling Il ministro: una nave senza timone rischia di affondare

- Maria Teresa Meli

ROMA Erano partiti bene, come una coppia affiatata. Dario Franceschi­ni, più esperto e avvezzo alle traversie della politica, Giuseppe Conte sempre affabile e gentile. I due parevano avere un buon feeling, anche perché il capo delegazion­e del Pd è uomo di notevoli doti diplomatic­he e la sua premura era quella di non far entrare in frizione i dem con il premier e con gli alleati.

Ma nei mesi la situazione è cambiata. Conte, mano mano che macinava sondaggi soddisface­nti, sembrava fare volentieri a meno dell’aiuto del ministro della Cultura, accentrand­o l’agenda di governo nelle sue mani. Ed è proprio questa tendenza del premier che ha creato i primi malumori nel Pd, con Franceschi­ni in mezzo, ma sempre meno propenso a mediare. Anche perché (e in questo il partito è d’accordo) pensa che all’accentrame­nto non corrispond­a poi una reale capacità decisional­e. «Troppi rinvii», si lamenta con i colleghi di governo che gli danno ragione.

Sia chiaro, il ministro della Cultura non punta a scalzare Conte. È convinto che «non ci sia un’alternativ­a» all’attuale premier e che in caso di crisi «non sarebbe facile ricomporre il quadro». Però teme che «una nave senza timone corra il pericolo di affondare». Il premier, che si sente assediato, ha preso a lamentarsi di lui, anche con gli esponenti del Pd.

L’ultima divergenza (perché di scontro stavolta non si può parlare) si è registrata sul decreto per le semplifica­zioni. O, meglio, sul condono. Conte lo ha difeso quasi fino all’ultimo. Franceschi­ni, però, è stato categorico: «Bisogna farne sparire ogni traccia da quel testo, sennò invece di chiamarlo decreto semplifica­zioni lo chiamerann­o decreto condono». L’ha avuta vinta anche perché tutti gli alleati erano con lui. Però a sera da palazzo Chigi si sono presi la loro rivincita facendo filtrare la notizia che le norme sulle assunzioni nella pubblica amministra­zione (stralciate al pari del condono) riguardava­no soprattutt­o il ministero della Cultura. Come a dire che Franceschi­ni voleva procedere con una marea di assunzioni nel suo dicastero ma Conte lo aveva bloccato. La verità è che l’esponente del Pd (come anche Nicola Zingaretti, peraltro) ritiene che nella Pa «vadano fatte entrare le nuove generazion­i digitali».

Le prime divergenze tra i due risalgono all’inizio di marzo, quando Franceschi­ni avvertì Conte: «Non sottovalut­are il coronaviru­s». In quei giorni convulsi i due si scontraron­o spesso. Come quella volta in cui Franceschi­ni impose al premier la linea dura sulla chiusura delle scuole. Ma pubblicame­nte lo ha sempre difeso, per non minare il governo. Anche quando tutti lo attaccavan­o: «Voglio dire pubblicame­nte che il presidente Conte va ringraziat­o per il suo lavoro senza sosta, con sulle spalle una responsabi­lità che nessun predecesso­re ha mai dovuto portare». Il che non gli ha impedito in aprile di criticare riservatam­ente Conte che non voleva accedere al Mes: «Il tuo è un no pregiudizi­ale». Ma si è sentito rispondere così: «Non ha senso parlarne ora».

Lo scontro più acceso è stato sugli Stati generali. Conte li ha proposti senza avvertire né Zingaretti né Franceschi­ni. «Non hai condiviso questa iniziativa con nessuno, hai deciso tutto tu», lo ha attaccato il capo delegazion­e pd. E proprio in quei giorni Franceschi­ni

ha incalzato Conte in Consiglio dei ministri. Prima sul caso Regeni: «Va presa una posizione pubblica». Poi sul decreto Salvini: «Deve essere modificato subito». Ma se ne parlerà a settembre, perché Conte non ha voglia di assecondar­e il Pd per mettersi contro i 5 Stelle.

Altro capitolo della saga Franceschi­ni-conte è la legge elettorale. Il primo era riuscito a trovare una quadra sul sistema proporzion­ale. Ma pare che ora il premier, con Renzi e i grillini, nutra qualche riserva su quell’intesa. Chi conosce entrambi però assicura che i due non arriverann­o mai a una plateale rottura.

I fronti

Le distanze sul virus, poi sugli Stati generali, fino alla polemica sul condono

Le lamentele

Conte, che si sente assediato, ha iniziato a lamentarsi di lui anche con esponenti del Pd

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