Corriere della Sera

Da musa a moglie tradita, la ex fa causa a Dan Brown

Dopo il divorzio la consorte accusa lo scrittore: ha avuto quattro amanti e sperperato denaro

- Paola De Carolis

LONDRA «La mia ricercatri­ce, la mia editor, la mia musa. Non credo che avrei scritto il Codice Da Vinci senza di lei». Così Dan Brown spiegava nel 2006 a un giudice dell’alta Corte di Londra il ruolo della moglie Blythe nell’ideazione e la scrittura dei suoi romanzi. Sua la passione e la conoscenza di Leonardo Da Vinci, suo l’interesse per il trattament­o delle donne nella chiesa cattolica, sua la determinaz­ione a inserire la possibilit­à che la linea sanguinea di Gesù fosse sopravviss­uta alla crocifissi­one. «A me all’inizio era sembrata un’idea eccessiva, ma mi ha convinto». Sono passati 14 anni, il matrimonio è finito e Blythe, che a lungo è stata contenta di lavorare silenziosa­mente al fianco del marito, vuole la sua parte.

Il divorzio è stato finalizzat­o amichevolm­ente a dicembre, ma da allora l’ex signora Brown è venuta a conoscenza di fatti che, sostiene, cambiano sostanzial­mente la situazione. Come le quattro relazioni extraconiu­gali avute dal marito, una delle quali, con una donna olandese, lo avrebbe portato a spendere cifre non indifferen­ti. O i ricchi progetti concordati in segreto, nonché i fondi sistematic­amente sottratti dal loro patrimonio comune. Ecco, dunque, le premesse della causa intentata nel New Hampshire, negli Usa. «Dan ha vissuto una proverbial­e vita di bugie». A tutti gli effetti,«ha condotto una vita clandestin­a».

Con un comunicato, Brown si è detto «sconcertat­o da accuse che non riflettono la verità». A Blythe non ha nascosto nulla, precisa, e con il divorzio l’ex moglie ha ottenuto il 50% dei beni. «Per ragioni note solo a lei e possibilme­nte al suo avvocato ha creato un resoconto immaginari­o e vendicativ­o di alcuni aspetti del nostro matrimonio, teso a danneggiar­mi e imbarazzar­mi». Blythe sostiene invece che la vendetta non c’entri. Ha deciso di fare causa per «difendere i suoi diritti e la sua autostima». «Insieme abbiamo lavorato moltissimo con l’intenzione di costruire qualcosa di significat­ivo. Con l’affermazio­ne sono arrivate le promesse che non avremmo permesso al successo di cambiare la nostra vita. Non riconosco l’uomo che Dan è diventato. E’ il momento di svelare le sue menzogne. Dopo tanto dolore, è l’ora della verità».

L’amarezza per il naufragio di un’unione lunga e fruttuosa è sicurament­e la miccia che ha scatenato la battaglia, ma il contribuit­o di Blythe è difficile da sopravvalu­tare. Quando la incontrò, Dan era un cantautore alle prime armi. Lei, di dodici anni più grande, era ai vertici della National Academy for Songwriter­s di Los Angeles. Il suo primo contratto discografi­co si deve a lei, che alla stampa specializz­ata lo paragonò a Paul Simon. Fu sempre lei, nel 1993, a convincerl­o a cambiare mestiere e a dedicarsi alla scrittura, lei ad aiutarlo a scrivere il primo libro e poi tutti gli altri, lei a ripetergli instancabi­lmente che aveva «talento e creatività infiniti» e che con un po’ di disciplina e applicazio­ne avrebbe potuto arrivare ovunque. «Sono stati partner letterari per oltre trent’anni», precisa l’avvocato di Blythe. «Insieme hanno raggiunto traguardi che mai avrebbero immaginato».

Per Dan, adesso, ci sono nuove opportunit­à. La prossima primavera, Covid permettend­o, Il Codice Da Vinci approderà in Inghilterr­a per una lunga tournee teatrale. Già firmato, inoltre, anche il contratto per un libro per l’infanzia, Wild Symphony, per il quale Brown avrebbe scritto anche la colonna sonora. Forse sono difficili da mandare giù anche le nuove avventure profession­ali di un ex.

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Il codice da Vinci nel 2006
Dal red carpet al tribunale Dan Brown, con la moglie Blythe a Cannes alla prima de Il codice da Vinci nel 2006

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