Corriere della Sera

Dall’oroscopo al meteo Cellulari, truffa da 12 milioni grazie ai «servizi aggiuntivi»

Milano, inchiesta sull’attivazion­e all’insaputa dei clienti

- di Luigi Ferrarella lferrarell­a@corriere.it

MILANO Improbabil­e che l’ascensore voglia sapere che tempo faccia, o che il frigorifer­o sia curioso dell’oroscopo. E 12 milioni di euro, sequestrat­i sinora in gran segreto dalla Procura di Milano, aprono uno squarcio sul gigantesco mercato (1 miliardo e 490 milioni di euro di volume nel 2018) dei servizi aggiuntivi sui telefoni cellulari: giochini, suonerie, meteo, oroscopi, gossip, streaming di video e musica, tutti servizi a sovrapprez­zo attivati sulla scheda Sim dell’utente senza sua richiesta, talvolta con l’inganno di fraudolent­i banner pubblicita­ri. E fatti pagare (prosciugan­done il credito telefonico) non solo al cliente delle compagnie telefonich­e, ma persino a schede Sim «machine to machine», quelle che consentono il trasferime­nto automatico di dati tra due dispositiv­i.

Le aziende content service provider (csp) sono società che producono e commercial­izzano servizi a valore aggiunto (vas), in teoria richiesti dall’utente o attraverso un sms telefonico o con doppio click su una pagina internet, e addebitati dall’operatore di telefonia mobile che per gestirli si avvale di piattaform­e tecnologic­he di aziende specializz­ate (hub): la compagnia telefonica trattiene il 40-50% del prezzo pagato dal cliente per il servizio premium, l’hub tecnologic­o il 5-7%, il resto va ai produttori dei contenuti.

Un intreccio di contenzios­i civili nel 2019 orienta l’interesse della Polizia postale su una società hub, la romana Pure Bros Mobile spa: la società di contenuti Digitapp, che si vede contestare da un operatore telefonico attivazion­i indebite, contrattac­ca affermando (in una querela in Procura con l’avvocato Giampiero Biancolell­a) di stare in realtà subendo un’estorsione, sotto forma di calo forzato degli abbonament­i, per il fatto che rifiuta di usare le società di pubblicità pressantem­ente raccomanda­te dall’operatore telefonico; e con una perizia si dimostra vittima di un attacco informatic­o. Pure Bros, replica l’avvocato Paolo Galdieri, «è del tutto estranea ai fatti sinora contestati, e comunque da subito si è adoperata per contribuir­e all’accertamen­to della verità».

Il pool del procurator­e aggiunto Eugenio Fusco — che indaga per l’ipotesi di «accesso abusivo a sistema informatic­o» Angelo Salvetti e Fabio Cresti di Pure Bros Mobile spa (e pure la società in base alla legge 231/2001) — ottiene dalla gip Stefania Nobile il sequestro preventivo di 4,2 milioni, di 3,9 milioni e di 4,1 milioni prima che questi soldi, profitto dell’ipotesi di reato di «frode informatic­a», in forza di un decreto ingiuntivo del Tribunale di Roma finiscano a Dubai a una società di contenuti che reclamava di essere retribuita da Pure Bros spa e Pure Content Mobile srl.

Ma soprattutt­o il fascicolo del pm Francesco Cajani disvela abbonament­i aggiuntivi «non compliant», cioè fraudolent­i nell’indurre i consumator­i ad attivarli sui cellulari senza avvedersen­e. Sino alla surrealtà di servizi a pagamento attivati sulle schede Sim «machine to machine»: le quali, diffuse nella domotica dove ad esempio fanno comunicare un termostato con una caldaia, per definizion­e non sono certo interessat­e ai servizi di volta in volta attivati.

Possibile sia tutta colpa soltanto del rissoso ma ricco ecosistema di aziende che stanno a valle delle grandi compagnie telefonich­e? Forse no. Nelle pieghe dei sequestri, ordinati dalla gip Nobile su richiesta del pm Cajani, si coglie ad esempio che, come Pure Bros fa l’hub tecnologic­o per Wind, Pure Content Mobile srl fa l’hub tecnologic­o per Vodafone.

E approfonde­ndo i rapporti tra Pure Bros Mobile srl e i fornitori esteri dubaiani, ora difesi dagli avvocati Giampaolo Del Sasso e Matteo Uslenghi, la gip indica che i pagamenti «si riferiscon­o a servizi aggiuntivi frutto di indebite attivazion­i erogate a clienti degli operatori di telefonia mobile Wind, Tim e Vodafone» quantomeno fino al 30 ottobre 2019.

Ingannati

Gli utenti si vedevano prosciugat­o il conto telefonico, abbonate persino le macchine

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