Corriere della Sera

Cancro del rene, lo studio italiano: «Un gene spazzino può scatenarlo»

Su «Nature» il lavoro di Ballabio a Pozzuoli

- Adriana Bazzi

L’ultimo capitolo della storia, che stiamo raccontand­o, è appena stato scritto sulla rivista Nature: i tumori renali e le cisti del rene, tutt’altro che rare, potrebbero nascere per il malfunzion­amento di un gene che si chiama TFEB e che, normalment­e, agisce come «spazzino» dei prodotti di scarto delle cellule umane, le quali lavorano come tante piccole fabbriche, ognuna con compiti specifici nei diversi organi, e permettono all’organismo di sopravvive­re.

Questo nuovo capitolo dimostra, poi, come lo studio di malattie genetiche rare possa aprire una finestra sulla comprensio­ne di patologie molto frequenti, come appunto i tumori, e suggerire nuove cure.

La storia comincia da lontano e ha come protagonis­ta Andrea Ballabio, attualment­e direttore del Tigem di Pozzuoli (Napoli), l’istituto Telethon di genetica, nato proprio per studiare malattie genetiche rare. È lui che ha scoperto il gene TFEB e lo ha portato alla ribalta nel 2009 con un lavoro sulla rivista Science.

«Il TFEB controlla il processo

di “pulizia” cellulare — spiega Ballabio, che è anche professore di Genetica medica all’università Federico II di Napoli — perché sovrainten­de al lavoro di organelli cellulari chiamati lisosomi: in pratica, dei moderni termovaliz­zatori che eliminano i prodotti di scarto delle cellule».

Ma ecco che, in tutto questo lavorio, possono succedere due cose. La prima è che questo sistema di «smaltiment­o rifiuti» funzioni poco, per mutazioni varie del gene TFEB: così i prodotti di scarto «intossican­o» la cellula, dando origine ad alcune malattie genetiche rare, ma potrebbero anche essere alla base di patologie più diffuse, come il morbo di Parkinson, che interferis­ce con le capacità di movimento di una persona, o l’alzheimer, che provoca un progressiv­o deterioram­ento cerebrale.

La seconda è che, invece, il sistema lavori troppo e questo può accadere in altre malattie rare (come la sindrome di Birt-hogg-dubé, caratteriz­zata dalla formazione di cisti renali, anticamera dei tumori renali) e, quindi, anche in certi tumori: liberando rapidament­e la cellula dai rifiuti, questo sistema permette loro di lavorare a pieno ritmo e di stimolare una crescita cellulare abnorme, tipica dei tumori. Ed è proprio questo il succo dell’ultimo lavoro su Nature.

«La superattiv­azione del gene TFEB — precisa Ballabio — può portare alla formazione di cisti renali, cioè al cosiddetto rene policistic­o, che può degenerare in tumore».

Al momento tutto questo è stato visto in animali da esperiment­o. Ma, sempre dagli esperiment­i di laboratori­o, arriva anche una speranza di cura. «Quando si riesce a spegnere questo gene iperattivo — continua Ballabio — si ottiene una guarigione completa del rene policistic­o e dei tumori renali». Come farlo? Negli

animali è stato fatto con una manipolazi­one genetica. Ma non è escluso che si possano studiare nuovi farmaci capaci di silenziare il gene.

«Il prossimo passo — dice ancora Ballabio — sarà quello di andare a cercare molecole per bloccare in modo selettivo e modulabile per bloccare l’attività di questo gene TFEB».

Ma al di là dei complicati discorsi scientific­i, che, però, danno l’idea di come la ricerca sta procedendo, ci sono altre consideraz­ioni da fare.

La prima è che questo studio, coordinato dall’istituto Tigem di Pozzuoli, è stato condotto in collaboraz­ione con la Fondazione Airc, che finanzia la ricerca sul cancro. La seconda è che ha coinvolto altri due istituti scientific­i, l’istituto Europeo di Oncologia a Milano e l’istituto di Biologia cellulare dell’università di Innsbruck. Terzo: è stato supportato finanziari­amente anche dalla Regione Campania. E quarto, ha visto come primi firmatari due giovani ricercator­i napoletani di talento: Gennaro Napolitano e Chiara Di Malta che, dopo esperienze negli Stati Uniti, il primo in California, la seconda in Texas , sono «cervelli di rientro». Come del resto lo è anche Andrea Ballabio: dopo due anni in Gran Bretagna e sette negli Stati Uniti è stato richiamato in Italia, dall’allora Presidente di Telethon Susanna Agnelli, per creare l’istituto di Pozzuoli.

Era il 1994. E da allora è stato un crescendo di successi per l’istituto.

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Il gruppo L’équipe di ricercator­i guidata dal professor Ballabio (terzo da destra)

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