Virtù e debolezze delle toghe
La contraddizione con la necessaria immagine di austerità
Nell’ennesimo capitolo della guerra tra magistratura e politica si annidano particolari che dalla tragedia stingono in commedia.
Sarà perché in Italia le cose più gravi contengono sempre un elemento che rischia di farle precipitare nel grottesco, oppure perché spesso da noi, come diceva Ennio Flaiano, «la situazione politica è grave, ma non è seria», eppure anche in questo ennesimo capitolo della guerra tra magistratura e politica, nella confessione di un magistrato che dice di aver partecipato in Cassazione a un «plotone d’esecuzione» per condannare e far fuori politicamente Silvio Berlusconi, si annidano particolari che dalla tragedia stingono nella commedia. Lo scenario è fosco, se confermato anche solo in parte il meccanismo perverso raccontato dal giudice: una manovra orchestrata per stroncare il leader di un partito e di uno schieramento, la magistratura politicizzata come ariete per annichilire per via giudiziaria un avversario politico, la Cassazione che in fretta e furia emette il suo verdetto di condanna per costringere un ex presidente del Consiglio a scontare una pena ingiusta e ritirarsi dalla scena politica, e comunque ad essere estromesso da senatore. Uno scenario gravissimo, appunto, e le opposte tifoserie, prima di affrontarsi con le solite grida e le solite scomuniche, dovrebbero prima accertare quali siano veramente i fatti, perché una nuvola troppo densa grava sulla politica italiana sospettata, grazie all’appoggio fattivo di una parte della magistratura, di aver cancellato il leader da battere con mezzi sleali e non democratici.
Per la magistratura sono tempi di nubi e di sospetti. Ma tra registrazioni, intercettazioni, trojan e denunce, il caso del processo a Berlusconi come ultima propaggine mediaticamente rilevante e il caso Palamara esploso da un anno a questa parte sembra sempre che un elemento grottesco contribuisca a dare un’immagine di una magistratura prigioniera di miserie, piccoli favoritismi umani troppo umani, e comunque in contraddizione con l’immagine di austerità e di gelosa autosufficienza che il potere giudiziario dovrebbe offrire di sé in uno Stato di diritto. Emerge per esempio dai resoconti dei giornali che hanno trattato questa vicenda un particolare non ancora confermato e tutto da provare ma che avrebbe visto il giudice Franco interessarsi per un certificato medico contraffatto non per una seria malattia ma per un’operazione di chirurgia estetica al seno di una conoscente.
Piccole miserie, inserti di commedia all’italiana dentro la tragedia di una democrazia che si sospetta essere stata alterata da un intervento poco ortodosso della magistratura. Ma di queste piccole miserie, il caso che si è addensato attorno alla miriade di intercettazioni del magistrato Palamara offre una varietà sconcertante, destinata a non gettare una luce molto positiva sulla tenuta istituzionale di chi dovrebbe essere solo la bocca della legge. Tra manovre spartitorie, lottizzazioni correntizie, nomine basate sulla fedeltà e l’appartenenza, cioè una tragedia per l’ordine giudiziario e per la qualità stessa di uno Stato di diritto rispettoso dei cittadini, emerge un quadro in cui, per esempio, la richiesta di biglietti in tribuna per le partite importanti, le segnalazioni di amicizie, l’offerta di piccoli privilegi, favori minimi, raccomandazioni minori, ammiccamenti vagamente clientelari fanno da sfondo poco compatibile con l’idea che dovremmo farci di una magistratura autorevole.
Ora è l’interessamento per un certificato medico a favore di un intervento estetico al seno. Ma già ai tempi di Mani Pulite affiorò, senza nessuna rilevanza penale, un quadro di favori, di prestiti di contanti consegnati nelle scatole delle scarpe, e di affitti al centro di Milano. E molti hanno dimenticato l’inchiesta di un magistrato che doveva mettere sottosopra l’ambiente dello spettacolo e che finì nella relazione del suddetto magistrato con una soubrette, promettente promessa proprio in quell’ambiente dello spettacolo. Debolezze, cadute, vanità, spirito di sottobosco che però stridono con l’immagine che la magistratura dovrebbe coltivare, per trasmettere autorevolezza e indipendenza. E anche questo insieme di piccole miserie può costituire un indebolimento della fiducia dello Stato. Una doppia tragedia.
Ieri e oggi
Le indiscrezioni sulle vicende private di Franco dopo il caso delle chat di Palamara