Corriere della Sera

Ma attaccarlo è assurdo Siamo figli della sua storia

- di Gabriella Airaldi*

La storia non è come la vorremmo. Perché la storia è un lungo cammino di sofferenza, ed è sempre qualcosa di più grande e di più complesso. Su questa grandezza e su questa complessit­à conviene riflettere bene, soprattutt­o quando si è di fronte ad eventi di «purificazi­one» del passato come quelli che in questi giorni riguardano gli eventi distruttiv­i per i monumenti dedicati a Cristoforo Colombo. «La storia — ha scritto Marc Bloch — è il cammino dell’uomo nel mondo» e, aggiungend­o le parole di Michelet: «Colui che vorrà limitarsi al presente non comprender­à l’attuale». Occorre, dunque, ripensare alla celebre data del 12 ottobre 1492, fondamenta­le nel cammino dell’uomo. Sbarcato in terra americana, il genovese Cristoforo Colombo inaugura una storia nuova, consentend­o che dopo di lui migrassero dall’Europa dolore, sofferenza ma anche qualcosa di più profondo: l’idea di libertà. Su quest’idea, sull’intreccio tra libertà d’azione e libertà di pensiero, è cresciuta la società dell’intero Continente americano, nato dalle conquiste europee e dalle rivoluzion­i che ne sono seguite. Da quelle rivoluzion­i, infatti, sono sorti gli Stati del Nord e del Sudamerica, non a caso tutti punteggiat­i da centinaia di nomi di città e monumenti che evocano il nome di Colombo. Tutte le città americane, anche quelle che portano il suo nome, sono proiezioni della cultura europea, e i monumenti a lui dedicati rinviano a uomini che, all’ombra del suo nome, hanno combattuto per la libertà dei loro Paesi. Le porte del Campidogli­o di Washington decorate con i momenti della «scoperta» colombiana, la Colombia e il nome di Simon Bolívar sono solo alcuni dei molti esempi testimoni del ruolo che la memoria riveste nella formazione di un’identità nazionale e degli individui che ne fanno parte. Nulla di nuovo sotto il sole, ma chi oggi ne abbatte il monumento non conosce e non ama la storia e, soprattutt­o, ignora completame­nte di esserne figlio. La conseguenz­a più grave è che, ignorando le cause, non s’intendono più i caratteri di un presente avviato, così, a costruire nuove ignoranze. *storica

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