Corriere della Sera

Milan, l’Europa e poi l’addio Ibrahimovi­c e Pioli firmano il patto del Diavolo

- Carlos Passerini

Vincere e dire addio. Per andarsene senza rimpianti, a testa alta, con la consapevol­ezza d’aver fatto il proprio dovere. Di aver aggiustato, almeno in parte, una stagione maledetta. È il patto del Diavolo. Un filo sottile che unisce molte storie e molti volti, in questo Milan che corre verso l’Europa. Primo fra tutti, il suo totem Zlatan Ibrahimovi­c. Il suo futuro è altrove. Col passare delle settimane, il campione talismano è sempre più convinto: è ora di tornare a casa, ad aspettarlo nella grande villa di Stoccolma c’è la famiglia, la moglie Helena con i due figli, che non avevano seguito papà in quest’avventura milanese. Era già un indizio, uno dei molti. Ibra non aspetta più una proposta da parte del Milan, ha scelto di essere padrone del proprio destino.

Non intende fare un’altra stagione da parafulmin­e a un gruppo di ragazzi. L’ha detto chiaro e tondo all’a.d. Gazidis nell’ormai famoso faccia a faccia di qualche settimana fa: «Questo non è più il mio Milan». Praticamen­te un commiato. Il suo contratto scade a fine campionato: l’Hammarby, club del quale è comproprie­tario, lo aspetta a braccia aperte. Chi gli sta vicino assicura che Zlatan ne è diventato il primo tifoso. È lì, con quei ragazzi con i quali si è allenato durante il lockdown, che il grande campione chiuderà la sua formidabil­e carriera. Non prima però di aver fatto di tutto per trascinare il suo vecchio Diavolo al traguardo. Zlatan è Zlatan: se è guerra, guerra sia.

Domani arriva la Juventus a San Siro. In Coppa Italia tre settimane fa, Ibra non c’era a causa di quel polpaccio lesionato che secondo qualcuno avrebbe sentenziat­o la fine della sua carriera. Invece il vecchio campione, alla faccia dei 38 anni, è tornato e si è ripreso la squadra sulle spalle.

«Parecchi giocatori hanno firmato l’estensione di contratto ma probabilme­nte non verranno confermati, dalla loro serietà e dal loro orgoglio dobbiamo trarre tutte queste situazioni positive» ha detto Stefano Pioli dopo il maestoso 3-0 sulla Lazio che rilancia il Milan verso l’Europa. Anche per il tecnico è un lungo addio. Come Ibra, come diversi giocatori, fra cui l’ormai ex bandiera Bonaventur­a, l’ottimo Kjaer, Biglia, anche il suo destino è già scritto. Gazidis ha deciso, avanti con un’altra rivoluzion­e, sperando sia quella decisiva.

Il prossimo Milan sarà nelle mani di Rangnick. Pioli è un uomo di mondo, ha capito da un pezzo l’aria che tira. L’ipotesi di lui ancora in panchina con il tedesco supervisor­e? Circola, se n’è parlato, ma è una soluzione che almeno per ora non convince il management. «Non so cosa succederà, ma faremo di tutto per riportare il Milan in Europa League» va ripetendo da settimane Stefano. Eleganza e profession­alità: una lezione per molti. La sua rivincita sulla Lazio che lo licenziò nell’aprile 2016 per far posto a Simone Inzaghi se l’è già presa. Ora c’è un Diavolo da portare in Europa. Poi, sarà addio. Ma a testa altissima.

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Stefano Pioli, 53 anni, dà una carezza a Zlatan Ibrahimovi­c, 38 anni
(LaPresse) Sintonia Stefano Pioli, 53 anni, dà una carezza a Zlatan Ibrahimovi­c, 38 anni

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