Il Mose si alza, ma servirà?
Sollevate assieme tutte le 78 barriere davanti al premier e a tre ministri Dislivello di 30 centimetri rispetto al mare
Ieri è stata effettuata la prima prova di chiusura della laguna, con il sollevamento contemporaneo di tutte le paratoie del Mose, una prova di ciò che dovrà accadere per fermare la marea quando l’opera sarà in funzione. Ma ieri, un limpido giorno d’estate, con cielo azzurro e mare piatto, le condizioni erano molte diverse da quelle che prevarranno quando il Mose dovrà essere messo in azione.
I novanta minuti più lunghi vengono interrotti dalla sirena. Una barriera gialla di un chilometro e mezzo divide per la prima volta il mare dalla laguna creando un dislivello di 30 centimetri.
Il Mose funziona, alle 12.25 di ieri mattina tutte e 78 le paratoie delle tre bocche di porto si sono alzate, una dopo l’altra: «Venezia da questo autunno potrà essere salvata dall’acqua alta», dice il presidente del Consiglio Giuseppe Conte che ha ancora negli occhi le immagini del 12 novembre dell’anno scorso, quando la città fu spazzata via dalla seconda marea di sempre, 187 centimetri sul livello del medio mare: solo sette in meno del 1966, quando palazzo Ducale fu invaso da un metro e mezzo d’acqua. Fu allora che cominciò il dibattito che di lì a qualche anno portò a pensare a un sistema che potesse fermare la furia del mare in laguna. Quarant’anni dopo il primo progetto (oltre cinque miliardi e mezzo di spesa e un’inchiesta giudiziaria su tangenti e prezzi gonfiati che ha portato al commissariamento del Consorzio Venezia Nuova, il concessionario unico dell’opera), la risposta è arrivata, anche se i lavori non sono ancora finiti. «Servono ancora 18 mesi di cantieri e test, bisognerà avviare il collaudo tecnico funzionale e poi alcuni anni di rodaggio per l’avviamento, per la progressiva ottimizzazione con procedure trasparenti e un controllo rigoroso dei costi», sottolinea il commissario straordinario dell’opera Elisabetta Spitz.
Ieri era la prima prova che ha messo insieme le tre bocche di porto di Lido, Malamocco e Chioggia (in precedenza erano state fatte singolarmente), un test importante «ma non un’inaugurazione», si sono affrettati un po’ tutti a precisare, nonostante a Venezia — sull’isola artificiale dove la control room gestisce l’intero sistema — ci fosse una buona fetta di governo: il presidente, tre ministri (De
Micheli Infrastrutture, Lamorgese Interno, D’Incà Rapporti con il Parlamento) e tre sottosegretari (i veneti Martella, Baretta e Variati). «Siamo qui per un test importante, non per una passerella, ma abbiamo mantenuto le promesse fatte dopo l’acqua granda di novembre», la precisazione del premier poco prima di andare a Pellestrina, il lembo di terra tra mare e laguna più colpito dall’alluvione con una marea arrivata a due metri. Ci era stato nei giorni dell’emergenza, vedendo case sott’acqua, mobili fradici, gente disperata; ci ritorna «per vedere se i schei (quelli dati al sindaco/commissario, ndr), come li chiamate voi, sono stati spesi bene».
Adesso si apre la fase 2: «Credo che sia importante che si arrivi ad una conclusione certa e ci si prepari alla gestione dell’opera», dice il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro. Perché per la manutenzione sono stati stimati costi tra gli 80 e 100 milioni all’anno, e non è stato ancora individuato chi ha la responsabilità di premere il «pulsante rosso» che aziona le dighe (il governo vuole creare una struttura da inserire già nella conversione del Decreto Semplificazioni con ministeri, enti locali, Autorità portuale e Capitaneria di Porto). Ma proteste e polemiche non si sono fermate: davanti a piazza San Marco prima, e nello specchio d’acqua antistante le barriere poi, i «No Mose», con una decina di barche, hanno ribadito la loro contrarierà all’opera.