Nella scelta del successore di Cartabia prevale ancora il criterio dell’anzianità
acceso e divisivo che in passato; anche perché cambiano i tempi e le sensibilità, e l’orizzonte a disposizione del neopresidente Morelli sarà particolarmente limitato. Tant’è che alla prima votazione nessuno dei candidati in lizza (il secondo e il terzo in ordine di anzianità erano Giancarlo Coraggio e Giuliano Amato, che avrebbero garantito rispettivamente un anno e 4 mesi e due anni di permanenza) ha ottenuto la maggioranza, con tre schede bianche a significare indecisioni e convincimenti non maturati fino in fondo. Ci sono volute ulteriori discussioni e un secondo scrutinio per arrivare al risultato finale: Morelli 9 voti, Coraggio 5, Amato 1 (al primo tentativo l’ex presidente del Consiglio non aveva raccolto alcuna preferenza: chi l’ha indicato nel secondo, evidentemente, l’ha fatto per sottolineare ancor più la sua preferenza per una presidenza «lunga»).
Corte divisa, dunque: da un lato la maggioranza, faticosamente raggiunta, che ha deciso di non deviare rispetto a percorsi già segnati e che forniscono certezze anche per il futuro; dall’altro una minoranza marcata che avrebbe preferito dare un segnale di novità e privilegiare una scelta più funzionale e «moderna» rispetto alla fedeltà a vecchi criteri.
«Non mi nascondo le criticità di una presidenza breve — ammette Morelli subito