Tiziano e gli altri Il cantautore pubblica un album di cover «Sono le canzoni che hanno cambiato la mia vita»
«Spero di essere in Italia il 6 novembre. La burocrazia è complicata, ma non voglio essere pessimista». Il Covid mette a rischio il Tiziano Ferro day, giorno di uscita dell’album di cover «Accetto Miracoli: l’esperienza degli altri» e del documentario Ferro su Amazon Prime: il cantautore vive a Los Angeles e gli spostamenti non sono semplici. Ma la pandemia è stata la culla del nuovo disco: «La musica è stata una salvezza, una fuga dalla prigione».
In un anno pieno di cover lei sceglie addirittura un album...
«Un disco di cover è come i laser ai concerti: visti mille volte, ma piacciono sempre. A Sanremo ho omaggiato quattro grandi e mi sono trovato un primo nucleo. La vera spinta è stata la richiesta di un classico da parte dei network radiofonici per I Love My Radio. Gli ho mandato subito “Bella d’estate” di Mango. Purtroppo non era nella loro lista, ma ormai ero a quota cinque...».
Ne sono arrivate altre otto. E forse più, visto che ha detto di pensare al vol.2...
«Sono le canzoni che hanno cambiato la mia vita. Mi sono sentito libero perché non avevo la preoccupazione della scrittura. Ci siamo divertiti giocando nota per nota».
Il titolo però è serissimo: l’esperienza degli altri...
«Lo avevo pensato per un disco con inediti scritti da altri. L’idea risale al 2012. Renato Zero mi disse: “Vorrei sentirti cantare cose di altri”. Non se n’è mai fatto nulla perché sono arrivati pezzi deboli».
Più difficile Mina, voce perfetta, oppure Jova e De Gregori, meno tecnici ma personalissimi?
«Mi sono dato una regola: vietato barare. Nel caso di voci femminili ho abbassato di qualche tono, ma ho mantenuto il grado di difficoltà. Se cantavano al massimo dell’estensione femminile, io l’ho fatto al maschile».
E gli uomini?
«Mango è stato il più complicato tecnicamente. Per Jova e De Gregori la difficoltà è stata la cifra stilistica. E allora mi sono dimenticato dell’originale. Ho pensato alla musica classica, ho interpretato “Rimmel” come se avessi il libretto davanti. Se non si toccano i classici per paura, si finisce per dimenticarli».
Ha definito «Margherita» di Cocciante la «canzone della vita». Perché?
«Il primo concerto che vidi, avevo 3-4 anni, era suo. Fu uno choc ma mi ipnotizzò. E poi mia nonna si chiamava Margherita. Cantavo in un coro gospel, di nascosto dai miei, e gliela dedicai a un matrimonio: ricordo gli sguardi giudicanti dei parenti».
Di «E ti vengo a cercare» di Battiato ha ricordato il valore spirituale. Che rapporto ha con Dio?
«Il mio percorso è partito da bambino e del rapporto con la spiritualità cristiana mi è rimasta l’idea di un Dio simpatico. Prego ogni mattina. A Dio dico: dammi quello che mi devi dare ma, che sia dolore o gioia, aiutami a trovare gli strumenti per attraversare queste cose. Il testo di Battiato vale ancora oggi».
«Parassiti senza dignità»: chi sono oggi?
«I social network? Fanno una sottile opera di manipolazione: ci costringono ad avere un’opinione su tutto. E poi c’è la questione haters. Li blocco e dedico il tempo ai lovers. Sembra uno slogan, ma funziona».
Fino a qualche tempo fa non aveva i social. Adesso mostra suo marito Victor...
«Fui fra i primi ad avere MySpace e i primi haters mi distrussero. Chiusi il profilo e dissi: mai più. Non avevo la scorza e la personalità. Adesso ho 40 anni e ho trovato chiarezza e distacco».
È entrato negli anta...
«Sai che bello durante la pandemia... Comunque ho 40 anni da quando ne ho 22, ma oggi sono più leggero».
Si auto-coverizzi...
«L’anno prossimo sono 20 anni da “Xdono”. Potrei farne una versione celebrativa».
d L’omicidio di Willy è stato uno choc Il mio sostegno per cercare giustizia
L’Italia vista da fuori?
«Non ho l’atteggiamento di superiorità di quelli che se ne vanno. Difficile non amare il nostro Paese quando vedi quello che succede qui politicamente. Purtroppo Trump vincerà ancora: molti Stati vivono di mentalità retrograda nei confronti di razzismo, pari diritti...».
In Italia quanto a razzismo non stiamo bene. Per la morte di Willy qualcuno ha detto: hanno ucciso «solo» un immigrato...
«Amici afroamericani mi hanno fatto capire quanto sia duro per loro qui in America: è come avere un cartello addosso. A loro dicevo che io sono cresciuto in un’epoca senza integrazione ma anche senza odio. Questo fatto mi ha scioccato. Mi rendo disponibile a supportare la causa, a sostenere anche economicamente la famiglia: questa storia deve trovare un finale giusto, anche se quanto accaduto non sarà mai giusto. E credo che ormai sia anche necessario creare un movimento Black Lives Matter in Italia. Anche qui sono disponibile a dare un aiuto, a cercare contatti».