Quelle «vite sospese» di chi attende l’esito La giungla di regole per un test nel privato
Dalla docente al lavoratore, i reclusi in casa
Studente in attesa di giudizio o, meglio, di tampone. Non è il titolo di un remake ai tempi della pandemia del celebre film di Nanni Loy, ma la situazione kafkiana sempre più frequente con la riapertura delle scuole e la ripresa a pieno regime delle attività lavorative nelle aziende alla fine dello smart working. Basta un sintomo ambiguo o il contatto con un sospetto caso Covid e si rischia di finire nel limbo dell’«isolamento fiduciario» senza certezze sui tempi per tornare alla normalità. Per escludere la positività basterebbe il tampone. In teoria l’accesso al test dovrebbe essere immediato per i casi sospetti nelle scuole, rapido in tutti gli altri, ma nella pratica non sempre è così e in alcuni casi è addirittura precluso, con effetti perversi.
Le testimonianze
Le testimonianze arrivano da tutta Italia. C’è lo studente di Trento recluso in casa perché affetto da una semplice sinusite: il protocollo non prevede il tampone, senza il quale però nessuno si assume la responsabilità di riammetterlo in classe. O c’è il lavoratore del Lazio con sintomi di possibile Covid che aspetta per giorni — ben oltre i tre annunciati — che gli venga effettuato il test prescritto dal medico di base e nell’attesa sono costretti all’isolamento anche tutti i componenti del nucleo familiare (asintomatici). O, ancora, dal Sud rimbalza la storia della prof delle scuole medie positiva al test sierologico a cui però ancora la Asl di competenza dopo una settimana non ha effettuato il tampone. Lei sta bene, si sente in piena forma ma non può tornare in cattedra.
Il test negato
In soccorso al sistema sanitario potrebbero accorrere i privati: tutte le Regioni — a parte Lazio e Sardegna, che dovrebbero colmare il gap a giorni — hanno dato la possibilità ai laboratori privati accreditati di effettuare i tamponi (a pagamento). L’accesso rapido dovrebbe garantire alle persone non contagiate di uscire dal cerchio dantesco dell’isolamento, ma il percorso spesso si rivela a ostacoli. Prima di tutto serve la prescrizione, ma i criteri di valutazione delle singole situazioni presentano un ampio margine di discrezionalità. Inoltre c’è una contraddizione: per obbligo deontologico il medico di base può prescrivere una prestazione o un farmaco solo se necessario. Se il test è necessario allora perché non avviare il percorso Covid nella struttura pubblica? E se non è necessario, perché prescriverlo nel privato? Molti medici preferiscono quindi limitarsi a segnalare alla Asl i casi sospetti, ma sono poco propensi a prescrivere il test nel privato. Poi c’è il problema dei costi: la Regione Campania, che consente l’accesso ai laboratori privati alle aziende e agli enti e non ai singoli cittadini, ha fissato la tariffa massima in 62 euro. Come denunciato da Federconsumatori, però, spesso il prezzo è più alto: a Modena è stato denunciato un tampone
Il problema dei costi Per un esame la tariffa va dai 60 agli 80 euro, ma c’è chi si è trovato a pagare fino a 220 euro
pagato 220 euro. Molti laboratori lo effettuano a 60-80 euro, ma il prezzo sale per il responso in 24 ore. Senza maggiorazione, la permanenza nel limbo si prolunga.
Il caos normativo
Ogni Regione definisce criteri e linee guida diversi, in una giungla di burocrazia di difficile interpretazione che alla fine penalizza i cittadini. «Servirebbero regole chiare e uguali in tutta Italia per non discriminare nessuno e facilitare l’accesso alle prestazioni» spiega Gennaro Lamberti, presidente di Federlab, l’associazione di categoria che rappresenta oltre 2.000 strutture private in tutta Italia. «Il professor Andrea Crisanti ha presentato un piano che prevede 300 mila tamponi al giorno, attualmente siamo intorno ai 100 mila e le strutture pubbliche sono già in affanno. Si è parlato dell’apertura di venti nuovi laboratori dedicati in ogni regione, ma i laboratori privati e accreditati già ci sono, basterebbe metterli in condizione di lavorare».
Procedure e paradossi
Che cosa succede se a scuola c’è un caso di sospetta positività? Secondo le linee guida ministeriali se il responsabile sanitario ne ravvisa la necessità, lo studente con sintomi ha diritto all’accesso immediato al punto Covid dedicato per il test. A discrezione del medico viene deciso quali contatti stretti eventualmente sottoporre a tampone. Per gli altri, se asintomatici, scatta l’isolamento fiduciario e solo se e quando viene accertata la positività del caso sospetto si procede con il tampone anche per loro. Questi contatti, che possono essere intere classi e relativi familiari, rischiano di restare quindi in isolamento per giorni pur essendo in perfetta salute e non avendo contratto il virus. Sarà il medico a decidere modalità e tempi di riammissione in classe (con o senza tampone). La procedura, già abbastanza bizantina, rischia il collasso se dovesse esserci la temuta impennata di casi nelle prossime settimane. Il sistema è infatti in sofferenza già adesso, eppure siamo solo all’inizio.
Tempi tiranni
La soluzione potrebbe arrivare dai test salivari con responso in un’ora: così le attese si accorcerebbero per tutti. Il ministero della Salute sta valutando la validazione di nuove procedure, ma è una corsa contro il tempo per anticipare l’arrivo dei malanni stagionali.