Il Regno Unito sceglie la linea dura: nuova chiusura per 10 milioni
I casi superano i 4 mila al giorno, anche la capitale rischia il lockdown. L’Oms: i dati Ue preoccupano
Dalla mezzanotte di ieri quasi dieci milioni di persone in Gran Bretagna (su una popolazione totale di 66 milioni) sono di nuovo in lockdown: i provvedimenti locali, che interessano soprattutto le regioni del Nordest dell’Inghilterra e le aree metropolitane di Manchester e Birmingham, sono la risposta a un’impennata dei contagi che ha visto ieri registrare oltre 4 mila nuovi casi a livello nazionale.
Le nuove misure impongono la chiusura di pub e ristoranti alle dieci di sera e il divieto di socializzare con persone al di fuori del nucleo familiare, oltre alla raccomandazione di usare i mezzi pubblici solo quando strettamente necessario: non significa dunque restare tutti chiusi in casa, anche perché in Gran Bretagna non è mai stato così. Ma il timore ora è che queste restrizioni potrebbero essere estese al resto del Paese, a partire da Londra, dove i casi di coronavirus sono raddoppiati nelle ultime due settimane.
Già lunedì scorso era scattata in tutto il Paese la «regola del sei», che vieta di riunirsi, anche in casa e con parenti, in gruppi di più di sei persone. E ieri il primo ministro Boris Johnson ha lanciato un appello pubblico dai giornali a rispettare questa disposizione per «appiattire la gobba del cammello» e così «salvare il Natale»: perché se queste misure dovessero restare in piedi fino a dicembre, allora addio cenone.
Ma il governo di Londra sembra in realtà in pieno panico: e filtra la notizia che se nel giro di due settimane i contagi non dovessero rientrare, scatterebbe un nuovo lockdown su base nazionale, inclusa la raccomandazione a lavorare sempre da casa. Quest’ultima marcia indietro sarebbe particolarmente dolorosa — e disastrosa per l’economia — visto che il governo ha cercato di convincere a tornare in ufficio i riottosi cittadini, che ormai si sono in grande maggioranza adagiati più che bene nello smart working. La preoccupazione di Downing Street è che la situazione sfugga di mano e la Gran Bretagna resti vittima di una seconda ondata, un po’ come è successo in Spagna: perché in realtà il livello dei contagi – e ancor più quello dei ricoveri in ospedale e dei decessi – è lontanissimo dai picchi di marzo-aprile. Ma Johnson, dopo tante incertezze e pasticci nella gestione della pandemia, stavolta non vuole prendere rischi.
Tanto più che la tendenza che emerge in tutta Europa è tutt’altro che rassicurante. Anche in Germania, Paese modello nella gestione del contagio, il virus sta rialzando la testa: ieri i nuovi casi hanno superato quota duemila, una soglia che non si vedeva da tempo. E in Francia il ministro della Sanità ha ammesso
Le misure Pub chiusi alle dieci, lavoro da casa, invito a usare i mezzi solo se strettamente necessario
che i ricoveri in terapia intensiva stanno crescendo a livello preoccupante.
«È una situazione molto grave quella che si sta verificando» in Europa, dove i nuovi casi settimanali di coronavirus «hanno superato quelli segnalati quando la pandemia ha colpito per la prima volta a marzo», ha detto Hans Kluge, direttore regionale per l’Europa dell’Oms. «Oltre metà dei Paesi europei — ha sottolineato nel corso di un briefing online — hanno registrato aumenti di oltre il 10% nelle ultime due settimane e in sette Paesi l’incremento è stato pari a più del doppio». Questi numeri, ha concluso, rappresentano un «trend allarmante» e «devono essere una sveglia per tutti»