LA SCOMMESSA SUL REFERENDUM PER NASCONDERE LA CRISI GRILLINA
Trasuda compiacimento il modo in cui Luigi Di Maio cita il Sì al referendum sul taglio dei parlamentari come elemento di unità. Il ministro degli Esteri grillino elenca le dichiarazioni di voto del premier Giuseppe Conte, del segretario del Pd, Nicola Zingaretti, del capo leghista Matteo Salvini, della leader di FdI, Giorgia Meloni. «Il Sì sta unendo le forze politiche», commenta tacendo su quanti si sono espressi per il No. Ma nelle sue parole si avverte la soddisfazione di un M5S che ha imposto l’agenda costituzionale al Parlamento.
Ora, per quanto in crisi di identità e di consensi, tanto da rimuovere le Regionali, rivendica la consultazione referendaria come riconoscimento della centralità grillina. Pazienza se si tratta di una centralità politicamente postuma. La consistenza parlamentare dei Cinque Stelle alle Politiche del 2018 oggi è molto ridimensionata: lo dicono le elezioni che si sono susseguite da allora, i sondaggi e il terrore del Movimento di una fine prematura della legislatura.
Il ministro degli Esteri addita il Sì come la scelta che unisce le forze politiche, con un grazie venato di ironia a Lega e Fratelli d’Italia
Eppure, le parole di Di Maio sono il segno di un tentativo di rilancio del M5S e dello stesso ministro sulle ali di un’eventuale affermazione del Sì; e un grazie venato di ironia a Salvini e Meloni, che contribuendo alla vittoria puntellerebbero senza volerlo l’odiato governo Conte. Sarà il referendum il velo dietro il quale il M5S cercherà di nascondere la sua crisi e di far valere il suo peso di rendita. Probabilmente ha ragione Giorgia Meloni quando sostiene che una volta archiviate le Regionali, i grillini arriveranno anche ad accettare il prestito europeo del Mes per il sistema sanitario.
«Chi ha sbagliato è la destra che l’Ue la voleva distruggere», rivendica Zingaretti. Ma presto il M5S dovrà dire se sta con Salvini e Meloni o con l’Europa. C’è da giurare che non sarà una contraddizione insanabile, visti i precedenti grillini: soprattutto se i Cinque Stelle abbozzeranno un nuovo equilibrio interno. L’ambiguità di Conte, i suoi «no» abbinati a una larvata disponibilità a decidere col Parlamento riflettono l’attesa per le decisioni della forza maggiore della coalizione. E il Pd sembra avere accettato il gioco delle parti per prendere tempo.
Si vedrà se sarà sufficiente a tamponare gli effetti di un risultato magro alle Regionali. Si confida nel fatto che il discrimine è sempre più la lealtà all’Europa, con la gestione del 209 miliardi di euro del Fondo per la ripresa. L’asse privilegiato con la Germania è stato ribadito ieri nell’incontro a Milano tra il capo dello Stato, Sergio Mattarella, e il suo omologo Walter Steinmeier: proprio mentre la Lega si asteneva sulle sanzioni chieste dal Parlamento europeo contro il presidente bielorusso Alexander Lukashenko, alleato del presidente russo Vladimir Putin.