Le ombre sulla mini Regione
Il peso delle inchieste sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta Con 12 liste e il proporzionale il rischio di ingovernabilità è alto
«La Valle d’Aosta non esiste». O meglio, è come se non esistesse appena fuori dai propri confini. Non compare neppure nei pronostici sulla prossima tornata elettorale, che sono tutti un 4-2, 5-1, 3-3, senza tenere conto del fatto che ci sarebbe pure una settima regione che va al voto negli stessi giorni. Un posto del quale si conosce poco, quasi una Svizzera nostrana, con le proprie regole, il proprio notabilato, una economia tutta sua che per quasi settant’anni ha prosperato su un fiume di denaro pubblico che ora si è di molto ridotto.
La scritta sul pilone del ponte all’uscita della Statale 26 resiste ormai da molto tempo e qualunque cosa significhi davvero, rende comunque l’idea di un luogo dotato di uno statuto speciale fatto anche di distanza non solo fisica dal resto del Paese. Dev’essere per i motivi sopra elencati che la politica locale galleggia in una perpetua autosufficienza, capace com’è di digerire e inglobare qualunque tendenza proveniente dall’esterno, grazie anche a un sistema proporzionale, unica Regione dove si vota così, che elegge un consiglio da 35 seggi e rimanda a trattative seguenti la nomina del presidente, in genere della lista più votata, e soprattutto della giunta. Dev’essere anche per questo che la ‘ndrangheta ha infiltrato la politica locale a ogni livello, e ambisca a farlo ancora, come emerge anche dalle ultime intercettazioni depositate al processo Geenna, ultimo di una serie di inchieste che hanno fatto venire giù tutto negli ultimi due anni.
E così per la prima volta nelNel la sua storia la Valle d’Aosta va a elezioni anticipate, con 12 liste e 400 candidati per circa centomila persone con diritto di voto. In un luogo dove nulla sembra mai cambiare, dal 2018 a oggi ci sono stati tre presidenti in 27 mesi senza mai riuscire a trovare una maggioranza stabile. Non ci sarà più la tripla preferenza, lo strumento perfetto per saldare clientelismi e cordate, una piccola riforma indotta dalla cronaca recente, ma rimane invece alto il rischio dell’ingovernabilità. Nel 2018 la Lega aostana riuscì ad aggiudicarsi sette seggi e tremila preferenze alla sua leader, Nicoletta Spelgatti. Non era mai accaduto prima che un partito nazionale esprimesse il governatore di questo estremo lembo a nord ovest. E infatti non durò molto, appena sette mesi, prima di un ribaltone generato dalle consuete congiure valdostane, roba che i Borgia al confronto erano dei principianti, e dalla riluttanza ad accettare qualunque compromesso, anche con Forza Italia e Fratelli d’Italia, che in Italia sono alleati, e qui invece si detestano neppure troppo cordialmente.
mondo di prima, la Valle era governata dal suo partito-Stato, l’Union Valdôtaine, nato per rappresentare il fronte dell’autonomia. Ma le scosse del tempo, delle inchieste e anche del mancato ricambio, hanno prodotto una implosione interna dalla quale sono nate altre cinque liste, contando solo quella di filiazione diretta. Una di queste è guidata dell’ex Imperatore, al secolo Augusto Rollandin, per sei volte presidente della Valle d’Aosta, il politico locale più votato di sempre, detronizzato nel 2017 da una inchiesta della magistratura.
Sarà lui il protagonista annunciato di questo voto frammentato e segnato da veti incrociati e antichi dissidi personali, nonché l’ago della bilancia di ogni futura maggioranza. Piccolo dettaglio, nel marzo del 2019, il 72enne Rollandin è stato condannato a quattro anni e sei mesi per corruzione, nonché sospeso dagli incarichi pubblici e quindi ineleggibile. Ma è comunque candidabile, perché alla fine di novembre decadranno gli effetti della legge Severino, anche se ieri la Commissione Antimafia lo ha inserito nella speciale classifica degli impresentabili. Quindi, nei primi mesi di legislatura entrerà in Consiglio regionale un suo sostituto con data di scadenza, che verrà poi rimpiazzato dall’anziano ex presidente. Due giorni fa il processo «Geenna» ha confermato la profondità del radicamento della ‘ndrangheta in regione, distribuendo condannando anche ex consiglieri regionali, assessori e consiglieri comunali. A breve verrà chiusa l’indagine del 2018 sul voto di scambio con le cosche mafiose. È un peccato che l’eterno presente della Valle d’Aosta non interessi quasi a nessuno.