Corriere della Sera

Amy Dorris, la ventiseies­ima donna che denuncia Trump

Le accuse di aggression­e sessuale dell’ex modella, 23 anni dopo: «Ero sotto shock». Il tycoon nega

- Francesco Giamberton­e

E sono ventisei. La lista delle donne che si sono fatte avanti per denunciare una molestia sessuale (o uno stupro) da parte di Donald Trump dagli anni Settanta a oggi si allunga ancora. Con un racconto di un pomeriggio del settembre 1997 che ricorda da vicino quelli di molte altre (al momento presunte) vittime del miliardari­o americano. L’ultima si chiama Amy Dorris, ex modella oggi 48enne e madre di due gemelle di 13 anni, alle quali adesso vuole insegnare che «nessuno può metterti le mani addosso contro la tua volontà». Amy è rimasta in silenzio per oltre vent’anni, temendo che quelle rivelazion­i avrebbero «fatto del male alla sua famiglia». Poi, 15 mesi fa, ha cambiato idea. E ha raccontato al Guardian, che ha pubblicato la sua storia solo ieri dopo molte incertezze di Dorris, quel che accadde fuori da un bagno di uno stadio di tennis del Queens, a New York, il 5 settembre 1997.

Amy, all’epoca modella 24enne di base a Miami, e il suo fidanzato Jason Binn, fondatore di alcuni magazine di lifestyle e amico di Trump, erano stati invitati dal magnate nel suo palco privato sul centrale di Flushing Meadows per assistere agli Us Open di quell’anno: avrebbero trascorso quattro giorni insieme, tra cantanti e attori, come fossero vip. S’incontraro­no alla Trump Tower, «dove lui fu subito aggressivo, nonostante fossi lì col mio ragazzo», e poi via a vedere le partite.

In una sosta del match di quel venerdì Dorris si alzò e andò in bagno. All’uscita trovò Trump che l’aspettava in piedi. In pochi istanti «lui iniziò a toccarmi ovunque, palpandomi il seno, la schiena, il sedere». Lei ricorda di avergli detto «per favore, smettila» e che lui le «infilò la lingua in gola», finché lei quasi non gliela morse.

Dorris tornò al suo posto «quasi sotto shock»: «Mi sentivo violata, ma mi misi a parlare con gli altri come nulla fosse perché mi sentivo sotto pressione». Al fidanzato disse di essere a disagio, ma raccontò tutto solo alla madre a un’amica, e poi ad altre persone negli anni: tutte oggi confermano di sapere questa storia. Eppure Amy non se ne andò, ma trascorse i tre giorni successivi in compagnia del fidanzato e del magnate: «Ero venuta dalla Florida, non avevo soldi né un posto dove andare». Ci sono molte foto del gruppo: lei sorride, plastica. Gli avvocati di Trump le usano per negare tutto: «Se fosse vero quel che dice, non sarebbe rimasta lì. E ci sarebbero molti testimoni».

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