Il tempo è la chiave per fare grande il Toro di Giampaolo
«Quando arriva il tempo in cui si potrebbe, è passato quello in cui si può». La scrittrice austriaca Marie von Ebner-Eschenbach non sapeva nulla di calcio ma descrive bene le dinamiche dell’unico elemento di cui tutti gli allenatori vorrebbero poter disporre a piene mani.
Tempo è uno dei vocaboli più usati da Marco Giampaolo, già nelle prime ore a Torino come nuovo allenatore granata: «Spero di averne abbastanza per costruire qualcosa di importante» disse il giorno della presentazione. Il tecnico da quasi un mese entra allo stadio alle 9 ed esce verso le 20 per tornare in hotel. Una breve pausa per uno spuntino, il tempo passa tutto alla scrivania nel suo ufficio al Filadelfia e sul campo, con i giocatori, dove quando lui spiega il suo calcio non vola una mosca, l’unico ronzio è quello del drone che registra tutti i movimenti in allenamento e nelle amichevoli. Il tempo è un’ossessione, anche a bordocampo: «Uno, due, tre...» scandisce Giampaolo a Belotti & co. nelle amichevoli: in quei pochi secondi i suoi devono riconquistare palla o comunque orientare il gioco avversario. Nel 2009 doveva arrivare alla Juventus, è sbarcato al Torino nel 2020, portando le sue parole chiave: lavoro, dignità, identità, gioco e divertimento. Arrigo Sacchi disse di lui: «È un grande stratega, un maestro». Gli serve solo tempo.