Tour de France, colpa della tecnologia se la tappa regina delude
Non si poteva non seguire la tappa regina del Tour de France, con due Hors Catégorie, il Col de la Madeleine e il Col de la Loze. Era la più temuta. Ha vinto Miguel Angel Lopez. Primo momento di flessione per Pogacar, terzo all’arrivo anche per colpa dell’invadenza di tifosi pre-Covid, e ora secondo in classifica. Il capitano della fortissima Jumbo-Visma si è dimostrato più in forma del giovanissimo rivale sulle ultime rampe di salita, ma si è dovuto arrendere a Lopez.
Era la tappa regina, ma non è stata entusiasmante. Oggi si corre in maniera differente, forse per colpa della tecnologia: al ciclismo moderno manca l’impresa. Per fortuna su Rai2, accanto alla cronaca di Francesco Pancani e di Marco Saligari, c’è il commento di Fabio Genovesi, grande appassionato di ciclismo: nel suo romanzo Cadrò, sognando di volare ci ha descritto come Marco Pantani nelle salite non affondasse nella sofferenza, ma ci pedalasse sopra. Oggi ci manca un Pantani.
A Genovesi fanno fare la parte della guida colta e, per fortuna, lui se la cava benissimo. Se il Tour sfiora una vecchia prigione dove è stato rinchiuso il marchese De Sade, non si accontenta di dare alcune informazioni storiche (immagino che anche il Tour abbia una guida con tutte le indicazioni storico-turistiche) ma spiega la differenza sulle due ruote tra sadismo (gli spettatori che guardano) e masochismo (i corridori che faticano). Poi c’è il masochismo al quadrato, quello messo in atto da Mikel Landa e dalla Bahrain-McLaren: hanno fatto selezione e sul momento più bello sono crollati.
Mi piacerebbe che Genovesi fosse coinvolto di più, anche nei momenti decisivi della corsa. Del resto, credo che il direttore di Rai Sport, Auro Bulbarelli, abbia imparato una lezione fondamentale: bastano pochi innesti di qualità (tipo Genovesi o Gianfranco Teotino) perché tutti siano stimolati a dare il meglio.
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