Sì o No al taglio? Ecco cosa è in gioco
Domani e lunedì si vota sulla legge costituzionale che riduce i parlamentari Contenuti, seggi, orari: guida al referendum
Il referendum di domani e dopodomani presenta diverse novità. A partire dal fatto che le giornate di consultazioni sono eccezionalmente due, per diluire il più possibile gli ingressi ai seggi ed evitare assembramenti. E anche la seconda novità è figlia dell’epoca Covid: per la prima volta infatti, oltre al documento d’identità e alla tessera elettorale, fra i requisiti per votare compare anche la mascherina obbligatoria. Infine la novità del merito: la domanda posta nel referendum riguarda la modifica al numero dei parlamentari, da 630 a 400 alla Camera e da 315 a 200 al Senato.
La riforma è stata approvata dal Parlamento secondo l’iter della doppia lettura in ciascuna Aula previsto per le modifiche costituzionali, con il primo via libera arrivato il 7 febbraio 2019. Schierati per il Sì, fin dalle prime votazioni alla Camera e al Senato, M5S, Lega, FdI e FI (che per la terza lettura però non partecipò al voto). Contrario per tre passaggi il Pd (allora all’opposizione). Alla quarta votazione, l’8 ottobre 2019, arriva il Sì anche dei dem, di Leu e di Iv. Da allora si sono registrati dissensi interni alle posizioni ufficiali dei partiti. Pd, M5S, Lega e FdI sono schierati per il Sì; FI e Iv hanno deciso di lasciare libertà di voto ai propri elettori; contrari invece +Europa e Azione.
Fra gli argomenti di chi fa campagna per il Sì c’è il risparmio negli stipendi parlamentari, che si aggira sui 53 milioni l’anno alla Camera e 29 al Senato. Una cifra «irrisoria» secondo i fautori del No, che puntano invece il dito sul problema della rappresentanza: oggi c’è un deputato ogni 96 mila abitanti, con il taglio ce ne sarebbe uno per 151 mila (nel grafico è riportato un paragone con le Camere basse di altri Paesi europei), mentre a palazzo Madama si passerebbe con la riforma da un senatore ogni 188 mila abitanti, a uno ogni 302 mila. A cambiare sarebbe anche il numero dei seggi espressi da ogni regione, con differenze abbastanza omogenee alla Camera (fra il 33% e il 39% in meno per ognuna), ma più marcate al Senato: il Veneto, per esempio, perderebbe il 33% degli eletti, la Basilicata il 51%. La parola passa ora ai 51.559.898 cittadini aventi diritto, ricordando che per questo tipo di referendum non è previsto alcun quorum, e quindi la consultazione sarà da ritenersi valida a prescindere dal numero di voti espressi.
Il dibattito nei partiti
In alcuni partiti, dal Pd alla Lega, ci sono stati dissensi rispetto alla linea ufficiale