Corriere della Sera

Sì o No al taglio? Ecco cosa è in gioco

Domani e lunedì si vota sulla legge costituzio­nale che riduce i parlamenta­ri Contenuti, seggi, orari: guida al referendum

- di Gabriele Genah

Il referendum di domani e dopodomani presenta diverse novità. A partire dal fatto che le giornate di consultazi­oni sono eccezional­mente due, per diluire il più possibile gli ingressi ai seggi ed evitare assembrame­nti. E anche la seconda novità è figlia dell’epoca Covid: per la prima volta infatti, oltre al documento d’identità e alla tessera elettorale, fra i requisiti per votare compare anche la mascherina obbligator­ia. Infine la novità del merito: la domanda posta nel referendum riguarda la modifica al numero dei parlamenta­ri, da 630 a 400 alla Camera e da 315 a 200 al Senato.

La riforma è stata approvata dal Parlamento secondo l’iter della doppia lettura in ciascuna Aula previsto per le modifiche costituzio­nali, con il primo via libera arrivato il 7 febbraio 2019. Schierati per il Sì, fin dalle prime votazioni alla Camera e al Senato, M5S, Lega, FdI e FI (che per la terza lettura però non partecipò al voto). Contrario per tre passaggi il Pd (allora all’opposizion­e). Alla quarta votazione, l’8 ottobre 2019, arriva il Sì anche dei dem, di Leu e di Iv. Da allora si sono registrati dissensi interni alle posizioni ufficiali dei partiti. Pd, M5S, Lega e FdI sono schierati per il Sì; FI e Iv hanno deciso di lasciare libertà di voto ai propri elettori; contrari invece +Europa e Azione.

Fra gli argomenti di chi fa campagna per il Sì c’è il risparmio negli stipendi parlamenta­ri, che si aggira sui 53 milioni l’anno alla Camera e 29 al Senato. Una cifra «irrisoria» secondo i fautori del No, che puntano invece il dito sul problema della rappresent­anza: oggi c’è un deputato ogni 96 mila abitanti, con il taglio ce ne sarebbe uno per 151 mila (nel grafico è riportato un paragone con le Camere basse di altri Paesi europei), mentre a palazzo Madama si passerebbe con la riforma da un senatore ogni 188 mila abitanti, a uno ogni 302 mila. A cambiare sarebbe anche il numero dei seggi espressi da ogni regione, con differenze abbastanza omogenee alla Camera (fra il 33% e il 39% in meno per ognuna), ma più marcate al Senato: il Veneto, per esempio, perderebbe il 33% degli eletti, la Basilicata il 51%. La parola passa ora ai 51.559.898 cittadini aventi diritto, ricordando che per questo tipo di referendum non è previsto alcun quorum, e quindi la consultazi­one sarà da ritenersi valida a prescinder­e dal numero di voti espressi.

Il dibattito nei partiti

In alcuni partiti, dal Pd alla Lega, ci sono stati dissensi rispetto alla linea ufficiale

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