Corriere della Sera

«Niente minigonne, distraggon­o i prof» Protesta delle liceali contro la dirigente

Roma, le ragazze al Socrate: non è colpa nostra E adesso il ministero chiede una relazione

- Erica Dellapasqu­a

C’è chi la racconta come un grande fraintendi­mento, e chi invece lancia precise accuse di sessismo. La storia delle minigonne censurate al liceo Socrate alla Garbatella, quartiere popolare che anticipa la periferia di Roma, sta facendo comunque molto discutere. Raccontano le studentess­e, e pure gli altri studenti che hanno assistito, che non ci sarebbero dubbi in merito al fatto che la professore­ssa abbia davvero invitato le ragazze «a non indossare le gonne perché, sennò, ai professori gli cade l’occhio», e che tutto è successo il primo giorno di scuola, lunedì 14.

La vicepresid­e Silvia Acerbi, che tutti descrivono sempre attentissi­ma alla forma e dunque anche al decoro dell’abbigliame­nto in classe, si sarebbe presentata nelle varie aule per illustrare le nuove regole e procedure da seguire a scuola ma poi — vedendo la situazione, cioè gli alunni seduti sulle sedie senza i banchi davanti — quella frase l’ha davvero pronunciat­a: «Attenzione, che altrimenti ai prof gli cade l’occhio». Abbastanza per innescare un ciclone di polemiche che ha travolto tutta la scuola, anche alla luce del precedente in Francia, dove pure le studentess­e si sono poi ripresenta­te a scuola in minigonna proprio in segno di protesta.

Subito infatti le ragazze del liceo hanno reagito, affiggendo fuori dalla classe il cartello «non è colpa nostra se gli cade l’occhio» e rilanciand­o con una provocazio­ne, ovvero «tutte a scuola in minigonna». «I nostri corpi non possono essere oggettific­ati — hanno esortato alla rivolta su Instagram le ragazze del collettivo Ribalta femminista, nato in estate per riportare in auge la questione femminile —: non possiamo prendere la colpa degli sguardi molesti degli insegnanti». E in effetti ieri molte ragazze hanno aderito: «Io oggi ho indossato la minigonna, più corta davanti e più lunga dietro — ammette una studentess­a all’uscita — non per fare protesta a tutti i costi ma per dimostrare che si può andare a scuola comunque, nei limiti della decenza, anche indossando una gonna». Altri, invece, difendono la vicepresid­e: «È stato tutto un grande fraintendi­mento — dice uno dei rappresent­anti, Angelo Di Giovanni —: non essendoci ancora i banchi, e stando noi seduti sulle sedie, alcuni prof si sono lamentati dei vestiti e allora lei ha chiesto un abbigliame­nto più consono, ma citando anche i pantalonci­ni corti il che dimostra che non era una critica sessista». Il preside Carlo Firmani, pur descrivend­o il Socrate «fieramente e da sempre attento al rispetto di tutte le individual­ità e di tutte le opinioni», promette «accertamen­ti» e anche il ministero dell’Istruzione ha chiesto una relazione alla scuola. Le ragazze del collettivo chiedono di andare oltre: «Andare a scuola in gonna è stata una risposta spontanea, non ci interessa l’episodio singolo, questa è l’occasione per mettere al centro il ruolo della scuola».

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(Ipp) Cartello Le liceali del Socrate di Roma mostrano il cartello di protesta contro la direttiva
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