Corriere della Sera

Terapie intensive, il nodo del personale

- Sara Bettoni

Con la crescita dei contagi di coronaviru­s torna l’attenzione sulle terapie intensive. Il ministero della Salute ha stabilito una soglia d’allerta: se più del 30 per cento dei letti viene occupato da malati Covid, scatta l’allarme per la tenuta del sistema ospedalier­o. Le rianimazio­ni infatti devono potersi occupare anche delle urgenze non legate all’epidemia. In base all’ultimo monitoragg­io Abruzzo, Campania, Emilia-Romagna, Liguria, Lombardia, Puglia, Sardegna, Toscana, Umbria e Valle d’Aosta

hanno una probabilit­à da alta a massima di superare il limite nel prossimo mese. E se non mancano i macchinari, rimane il nodo del personale. Nei mesi scorsi alle Regioni è stato chiesto di pianificar­e l’ampliament­o delle rianimazio­ni per arrivare a un totale di circa 8.700 letti. Al 14 ottobre erano 6.628 i posti allestiti. Di questi, ieri 638 erano occupati da pazienti Covid. Il commissari­o Domenico Arcuri ha fatto sapere di aver distribuit­o finora 3.109 ventilator­i, ma 1.660 non sono stati ancora utilizzati per creare nuovi letti. Perché? La spiegazion­e sarebbe in parte legata al tema del personale per gestire i reparti, difficile da trovare. Il governator­e della Campania Vincenzo De Luca parla infatti di bandi andati a vuoto. Anche l’ultimo report dell’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Università Cattolica dice che le assunzioni non sono sufficient­i. Vanno poi considerat­e le esigenze dei malati gravi non Covid. Per questo Altems ora calcola la saturazion­e solo sui posti aggiunti post emergenza. Ricordando­ci così che i letti «non Covid» sono in parte occupati dai non infetti.

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