«È un inizio Ma è importante fare attenzione nei rapporti dentro la famiglia»
Walter Bergamaschi, direttore dell’Ats: «La grande lezione per tutti è che convivere con il virus significa dover rinunciare a qualcosa»
«Fa paura la velocità della ripartenza del contagio». Walter Bergamaschi, 56 anni, direttore dell’Ats di Milano, lo dice subito. Perché è da qui che bisogna partire per spiegare come un territorio già colpito in primavera possa diventare epicentro di un nuovo terremoto epidemico.
Non c’erano segnali?
«L’Rt si era impennato dopo l’estate. Una fiammata su un numero di casi basso. L’apertura delle scuole ha comportato anche il ritorno alla normalità nelle attività produttive. Il resto lo fa la densità abitativa di una metropoli».
Ieri era al tavolo con i vertici della Regione e i sindaci lombardi: è soddisfatto della stretta adottata?
«È un passo avanti: chi si occupa di sanità avrebbe voluto di più, ma capisco l’equilibrio e la sintesi che le istituzioni devono trovare. Siamo in una situazione che somiglia ai primi giorni di marzo, quando le restrizioni erano maggiori».
Serviva più coraggio?
«Così come i medici hanno imparato a gestire l’esperienza in termini di cure anche nel decidere quali attività limitare si può trarre esperienza da ciò che ha funzionato di più. In primavera con grande precipitazione si sono prese decisioni forti, alcune si rivelarono efficaci, altre meno. Non possiamo fermare l’economia del Paese né le scuole. Ieri intanto si è approvato un metodo».
Un passo alla volta quindi?
«Questo è un primo pacchetto per osservare l’andamento. Si interviene sulle fonti di contagio maggiori: movida, attività extra scolastiche e sport dilettantistico. Convivere col Covid vuol dire rinunciare a qualcosa. Speriamo di aver mirato giusto. Ma da ieri c’è un altro messaggio che va oltre la norma».
Quale?
«L’appello alla responsabilità individuale. I cittadini a febbraio si sono trovati davanti a un pericolo non conosciuto. Adesso sappiamo a cosa andiamo incontro e cosa fare per proteggere i nostri cari. La cosa più importante sarà avere attenzione nei rapporti in famiglia per preservare le persone più fragili. Comportamenti che non si possono imporre con un’ordinanza».
Gli ospedali mostrano i primi affanni...
«Il dato positivo di ieri sono le terapie intensive stabili: dimostra che ora sappiamo trattare meglio i casi. Da un punto di vista clinico ci sono più strumenti. Il 4 marzo quando ci fu un incremento di ricoveri come quello di oggi (ieri, ndr) in Lombardia le terapie erano occupate tre volte tanto».
Avete sollecitato la Regione nella ricerca di strutture per spostare pazienti non gravi: a che punto siamo?
«Una delibera approvata giovedì ci consente di muoverci direttamente per fare contratti con strutture che possono offrire posti letto».
Perché gli hotel non si rendono disponibili?
«Non potendo far convivere ospiti e pazienti post Covid devono fare una scelta. Fino a qualche giorno fa preferivano stare sul loro mercato. Ora po
604 Milano città Sono i nuovi contagi registrati ieri a Milano. In tutta la provincia sono stati 1.319. Da quando è scoppiata l’emergenza, i positivi sono stati 35.944
2.419 In Lombardia Sono in totale le persone risultate positive al coronavirus nel calcolo di ieri. Dall’inizio dell’epidemia, i positivi al tampone sono stati 118.711
tranno rivalutare l’offerta».
Rispetto alla primavera riusciamo a fare più tamponi. Solo in Lombardia si sfonda il numero dei 30 mila al giorno. Bastano?
«Stiamo chiedendo ai laboratori uno sforzo in più alzando la capienza giornaliera».
I test rapidi potranno dare una mano?
«È una risorsa che sarà fondamentale per rendere più tempestiva la macchina: dai Pronto soccorso alle Rsa, oltre che nelle scuole. Ma c’è un mercato a volte incontrollato nel privato. Va bene fare profitti, ma davanti al Covid conta la salute pubblica».