I gioielli di una vita da circense Moira
Dagli smeraldi dello Scià di Persia ai ciondoli con le immagini dei Santi All’asta il tesoro raccolto dalla Orfei in anni di tournée in tutto il mondo Il figlio: mia madre amava brillare
In fondo che cos’erano quegli smeraldi se non un’estensione più costosa e impegnativa dei lustrini e delle paillettes? Moira Orfei si era costruita un’esistenza scintillante: brillantini, diademi, coroncine. Ecco perché scoprire che possedeva una bella collezione di gioielli non sorprende, anzi, chiude un romanzo sberluccicante, quello della vita di Miranda Orfei, nata nel 1931 a Codroipo (Udine), scomparsa nel 2015 e passata alla storia come una delle stelle del circo.
Smeraldi, diamanti e zaffiri: quarantotto pezzi che lei ha amato sono il percorso di una mostra che la Affide (azienda di credito su stima) le dedica fino al 28 ottobre negli storici saloni di Palazzo del Monte di Pietà a Roma. Poi, il 29, questi pezzi — più altri di diversa provenienza, per un totale di cento monili — andranno all’asta. E come in una delle acrobazie più spettacolari di Moira, le tante piccole storie legate a questi anelli, spille e collane si divideranno per andare chissà dove. Perché qui non c’è gioiello che non custodisca un’avventura.
Per esempio, la collana di smeraldi acquistata in Iran, durante una tournée rimasta memorabile: tutto il circo (cento artisti e cinquanta animali al seguito) si ritrovò bloccato nella residenza dello Scià di Persia a causa delle rivolte popolari. Il governo italiano allora mandò la «Achille Lauro» a prelevarli e il tutto si concluse con un maestoso sbarco di uomini, elefanti, donne e tigri nel porto di Napoli.
«Mia madre amava brillare, era l’anima del circo», dice al Corriere il figlio Stefano Orfei Nones, che firma anche una speciale «autentica» di ogni pezzo appartenuto alla mamma. E frugando tra i gioielli della mostra, spiccano molti ciondoli con le effigi di santi. «Lei pregava Padre Pio — dice il figlio — e me la ricordo mentre sussurrava le sue preghiere dentro al caravan», magari prima di lanciarsi a cavallo di un elefante o in un salto acrobatico. Una volta, era il 1986, trascinò tutto il circo — animali compresi — in piazza San Pietro per ricevere la benedizione papale.
Se al lotto 42 c’è l’anello con zaffiri, una delle pietre preferite da Moira, al lotto 20 c’è il diamante da 5 carati (base d’asta 25 mila euro) che le regalò Walter Nones, l’amore di una vita, l’uomo che sposò nel 1961 e quello con cui battezzò i due figli, Lara e Stefano, nella gabbia dei leoni. E anche il compagno di lavoro con il quale inventò numeri indimenticabili, tipo «l’uomo proiettile». Un piccolo trattato di geopolitica circense: c’è la collana di coralli acquistata nella ex Jugoslavia, durante una tournée tra Spalato e Zagabria; c’è il girocollo di zaffiri australiani, poi il suo piccolo orologio, il preferito. Cammei e spille acquistati a Berlino e Madrid, Istanbul e Tripoli.
Cavallerizza, trapezista, acrobata, domatrice di elefanti e addestratrice: Moira Orfei fece del suo fisico prorompente una macchina da circo. «Si esibì per la prima volta come cavallerizza a soli sei anni — racconta Stefano — e diventò subito una delle principali attrazioni del circo Orfei. Era famosa in tutto il mondo. Ricordo bene l’impressione che, da bambino, mi facevano quei cartelloni giganti con la sua immagine».
E se il cinema la «rapì» per riconsegnarcela in pellicole dai titoli irresistibili, come La Venere dei pirati e Ti aspetterò all’inferno, (ma vale la pena di citare anche Casanova 70, di Mario Monicelli) il circo rimase il suo vestito perfetto, quello su misura. Cinque anni fa la morte la colse proprio nella sua casa mobile, a Brescia, dove si trovava con tutta la squadra circense.
Ecco perché nella mostra (ideata da Alessandro Serena e Aurelio Rota nell’ambito di Open Circus) colpiscono sì i diamanti e gli zaffiri, ma ci sono gioielli particolari che ci ricordano l’artista per la sua esuberanza: la catena in oro e zirconi con il nome Moira a caratteri cubitali, per esempio. O gli orecchini giganti che indossò a Canzonissima, accanto a Raffaella Carrà. «Gioielli e lustrini a parte — conclude Stefano — era una lavoratrice infaticabile: ogni mattina ci impartiva i compiti». A tutti.
C'è la collana di coralli presa nell’ex Jugoslavia e poi spille da Berlino, Madrid, Tripoli