La rinascita «smart» di un container
Ada e Giuseppe a New York, paladini del riciclo E i moduli per le merci diventano regni del comfort
«La nostra idea è rendere l’ordinario straordinario, trasformare oggetti banali e inutilizzati in qualcosa di diverso. Che non significa riciclare, perché non vogliamo cancellare l’oggetto: al contrario vogliamo riscoprirlo in una dimensione nuova. In inglese si definisce “upcycling”». Parla con una verve tutta napoletana l’architetto Ada Tolla, che da 27 anni vive e lavora a New York, dove con Giuseppe Lignano ha fondato lo studio Lot-Ek, dedicandosi fin dall’inizio a progetti di ri-uso. E,in particolare, all’utilizzo di container marittimi dismessi che i due progettisti italiani riescono quasi magicamente a trasformare in case, condomini, spazi commerciali, installazioni artistiche.
Ada e Giuseppe si conoscofusoliere, no da quando avevano 16 anni: freschi di laurea, lasciano Napoli per la Grande Mela grazie a un master presso la Columbia University (dove oggi entrambi insegnano). «Eravamo alla fine degli anni 80 e a New York ci siamo subito sentiti come a casa, per l’energia che si respirava», ricorda Ada. Preso in affitto un loft a basso costo nel Meatpacking Discrict, l’area dei vecchi macelli, i due soci cominciano a riflettere su come sviluppare una nuova estetica fondata sul recupero. «Volevamo lavorare sugli scarti, provando a dare una seconda vita a oggetti raccolti nelle strade: lavandini, antenne, cartelloni pubblicitari imballaggi, impianti idraulici, impalcature, corpi di camion, serbatoi. Senza distruggerli, ma recuperando la loro intelligenza, e cioè l’idea che sta dietro al loro design».
Ai container arrivano quasi per caso. «Perlustrando un’area industriale nel New Jersey, siamo capitati in un enorme deposito — ricorda Ada —. Sembrava di attraversare una vera città, con i suoi palazzi, le sue strade, le piazze. Un’esperienza straordinaria». E una svolta per lo studio Lot-Ek, che da allora si è concentrata sul container marittimo, facendone un modulo architettonico per creare edihanno
«In New Jersey eravamo capitati in un enorme deposito, sembrava una città: straordinario»
fici di tutte le scale. Ma attenzione: non si tratta di alloggi di emergenza o, comunque, di case minimal. Quelli progettati dallo studio newyorkese sono, a tutti gli effetti, spazi abitativi moderni e dotati di ogni comfort, con in più un design d’avanguardia, che sfrutta la modularità dei componenti.
Progettare con i container è una sfida affascinante: occorre lavorare sui parametri che questi elementi impongono (fra tutti, una larghezza standard di 8 piedi, circa 2,4 metri) e trovare, proprio in questi vincoli, uno stimolo per liberare la creatività. Non è facile, ma dagli Stati Uniti all’India, dal Senegal al Sud Africa, i lavori di Lot-Ek, sempre diversi e sorprendenti, dimostrato la forza di questo approccio, meritandosi numerosi riconoscimenti (tra l’altro, lo studio è anche presente nella celebre collezione di design del MoMA, Museum of Modern Art di New York).
Nel corso degli anni, i due architetti italiani hanno sviluppato un’estesa conoscenza non solo su come assemblare, impilare, modificare, coibentare i container, garantendo sicurezza, comfort ed efficienza energetica, ma anche su come costruire un network di fornitura e organizzarne il trasporto e la lavorazione, ottimizzando tempi e costi di cantierizzazione.
«Stiamo pensando di raccogliere in una guida open source, disponibile a tutti, quello che abbiamo imparato — rivela Ada —. Anche perché progettare con i container è un modo di pensare al futuro del Pianeta. Ce ne sono quasi 30 milioni abbandonati nei depositi del cosiddetto mercato terziario. Dobbiamo decidere cosa farne, è una responsabilità che abbiamo nei confronti delle nuove generazioni. E poi ci piacerebbe diffondere l’idea che anche gli oggetti più comuni possono diventare straordinari. Bisogna valorizzarne intelligenza e bellezza. Che ci sono sempre: basta trovarle».