Corriere della Sera

SALÒ , IL DUCE DISSE SÌ A HITLER PER PAURA, NON PER PATRIOTTIS­MO

- Raffaele Pisani raffaelepi­sani41@ yahoo.it Caro Raffaele,

Caro Aldo, ho sentito dire che Hitler liberò Mussolini e gli impose di riprendere il potere continuand­o la guerra altrimenti avrebbe raso al suolo l’Italia. È vero?

Le rispondo non con le mie parole, ma con quelle di Indro Montanelli, tratte da «Io e il Duce», antologia di scritti montanelli­ani su Mussolini magistralm­ente curata da Mimmo Franzinell­i.

Il Duce fu liberato per mano tedesca dalla sua prigionia sul Gran Sasso il 12 settembre 1943, e poi portato prima a Pratica di Mare, poi a Monaco dove ritrovò la moglie Rachele (e anche la figlia Edda e il genero Ciano, che si era fidato dei nazisti andando così incontro alla fucilazion­e), quindi nella Prussia orientale dove incontrò Hitler. Nel suo diario, Goebbels annota che il Führer uscì deluso dal colloquio, sebbene non ci fosse stato tra i due dittatori alcun alterco. «Non ce n’erano stati, nemmeno nei momenti di più grave crisi, per il semplice motivo che Mussolini aveva sempre subìto Hitler —annota Montanelli —. Lo subì anche stavolta lasciandos­i imporre la decisione più grave per sé e per l’Italia, il ritorno al potere, sebbene ne avesse scontato con esattezza le tragiche conseguenz­e».

Il Duce, secondo Montanelli, era consapevol­e della tragedia che incombeva su di lui e sull’Italia occupata. «Senza dubbio egli addusse come alibi di fronte a se stesso il patriottic­o dovere d’interporre la propria persona tra la Germania

e l’Italia, che senza di lui sarebbe stata trattata come terra di conquista. E più tardi, per giustifica­rsi, lo disse e lo fece scrivere. Ma era una scusa, e lo sapeva. In realtà ciò che lo indusse ad apporre il lugubre poscritto di Salò alla sua carriera ormai conclusa fu solo la paura: la paura non delle sanzioni di Hitler, che in nessun caso gliene avrebbe applicate, ma del suo giudizio e del suo disprezzo».

Proprio il complesso nei confronti del Führer fu, secondo Montanelli, «all’origine dei suoi più catastrofi­ci errori. Tutta la politica mussolinia­na degli ultimi anni era stata una vana e pazza corsa all’inseguimen­to di Hitler: le leggi razziali, l’intervento in guerra, l’aggression­e alla Grecia non furono che altrettant­i tentativi di raggiunger­e il rivale, di strappargl­i l’iniziativa e di guadagnars­ene il rispetto».

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