Corriere della Sera

Conte frena i «rigoristi»: non siamo a marzo, servono misure ponderate

Il capo dell’esecutivo giustifica la stretta: i contagi aumenteran­no Ma si oppone all’idea del coprifuoco come a Parigi Il premier resiste alle pressioni di Pd e Speranza: la gente è stanca

- di Monica Guerzoni

«Non siamo a marzo, dobbiamo adottare scelte proporzion­ate e ponderate», è il concetto che Giuseppe Conte ha declinato con tutti gli accenti possibili, nelle riunioni diurne e nei vertici notturni. Una mediazione faticosa e non ancora conclusa, destinata a terminare in giornata con la firma di un nuovo dpcm sull’emergenza Covid, a soli cinque giorni dal decimo e ultimo. E, vista l’emergenza, senza prima passare per il Parlamento.

«I contagi aumenteran­no ancora la prossima settimana, è una fase diversa e dobbiamo essere pronti a governarla — è il ragionamen­to che il premier ha condiviso con la squadra —. Siamo gli unici in Europa che hanno elaborato un vademecum, formulato dal ministero della Salute e condiviso con le Regioni, sulla cui base scientific­a ci stiamo muovendo». Dei quattro scenari ipotizzati, l’Italia sta nel mezzo. Scenario 2, allarme moderato. «Ma per non passare a 3 dobbiamo stringere ancora un po’, per tutelare salute, lavoro, scuola ed economia», ha continuato Conte.

Il premier non riteneva così urgente varare nuove regole, avrebbe preferito aspettare e monitorare la curva epidemiolo­gica. Anche perché, come ha spiegato ai ministri, «la gente è stanca ed esasperata e c’è il rischio di disordini sociali». Ma il Pd ha scelto una linea interventi­sta, il capo delegazion­e Dario Franceschi­ni ha cominciato a incalzare e il resto lo ha fatto Roberto Speranza, che guarda ai 33 mila casi della Francia e preme per rallentare i motori del Paese: «Dobbiamo accelerare per evitare di arrivare ai quei drammatici numeri».

E così oggi, dopo due giorni di confronto anche aspro, Conte spiegherà agli italiani la mini-stretta in arrivo. Il coprifuoco come a Parigi no, lui non vuole imporlo. E nelle due riunioni di venerdì notte e di ieri sera con i capi delegazion­e, in asse con i 5 Stelle Bonafede e Fraccaro e con la renziana Bellanova, ha insistito per ammorbidir­e la misura che il Pd, allarmato dai numeri, aveva sostenuto.

«I ricoveri aumentano — è la linea di Franceschi­ni e Boccia, in sintonia con il rigore di Speranza —. Bisogna intervenir­e subito se vogliamo scongiurar­e un nuovo lockdown generale». La strategia dei rigoristi è impedire gli assembrame­nti, chiudere i luoghi che attraggono nottambuli senza mascherina, aumentare controlli e sanzioni, sospendere gli sport di squadra e anche le palestre. Conte però frena sul lungo elenco di serrate, a cominciare dal coprifuoco alle 21. L’idea di chiudere in casa gli italiani alle nove di sera e lasciare uscire solo le persone munite di autocertif­icazione, non è in questa fase nelle corde di Conte: «Non è più tempo di lockdown, totali o parziali che siano». Vista la distanza tra due scuole di pensiero, a notte fonda il tema ristoranti era ancora aperto. Anche perché le Regioni guidate da Stefano Bonaccini hanno difeso gli esercizi che «assicurano posti a sedere nel rispetto dei protocolli». Il dilemma è a che ora far abbassare le serrande: alle 22, o alle 23?

Sulla chiusura di bar e pub tutti d’accordo, mentre sul destino dei ristoranti il confronto è stato serrato. I dem non mollano, tanto che nel M5S serpeggia un sospetto tutto politico: non sarà che Zingaretti e Renzi si muovono di sponda, per indebolire il premier?

Non meno incandesce­nte il fronte Regioni-governo. Lucia Azzolina accusa i governator­i di voler lasciare a casa gli studenti dei licei «per coprire le mancanze su trasporti e tamponi», ma Stefano Bonaccini respinge le critiche e chiede di «scaglionar­e gli orari per difendere la scuola». Anche oggi saranno scintille. Le Regioni volevano incontrare la ministra dell’Istruzione e Azzolina ha posto le sue condizioni: «Vengo solo se chiamate anche Speranza e De Micheli».

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Il ministro della Salute, 41 anni, capo delegazion­e di Leu, invoca l’inasprimen­to delle misure e distingue tra «attività essenziali e non essenziali» puntando a una stretta delle seconde, «facendoci carico del ristoro», per evitare di dover incidere poi su lavoro e scuola
Teresa Bellanova La ministra delle Politiche agricole alimentari e forestali, 62 anni, capo delegazion­e di Italia viva, ha portato al tavolo di Palazzo Chigi per la gestione della seconda ondata la convinzion­e dei renziani che «con il virus dobbiamo imparare a convivere»
Roberto Speranza Il ministro della Salute, 41 anni, capo delegazion­e di Leu, invoca l’inasprimen­to delle misure e distingue tra «attività essenziali e non essenziali» puntando a una stretta delle seconde, «facendoci carico del ristoro», per evitare di dover incidere poi su lavoro e scuola Teresa Bellanova La ministra delle Politiche agricole alimentari e forestali, 62 anni, capo delegazion­e di Italia viva, ha portato al tavolo di Palazzo Chigi per la gestione della seconda ondata la convinzion­e dei renziani che «con il virus dobbiamo imparare a convivere»
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Il premier Giuseppe Conte, 56 anni, in carica dal 1º giugno 2018 (Conte I; il Conte II è partito il 5 settembre 2019). Finora sul Covid ha firmato 10 dpcm, decreti del presidente del Consiglio
(Lapresse) Palazzo Chigi Il premier Giuseppe Conte, 56 anni, in carica dal 1º giugno 2018 (Conte I; il Conte II è partito il 5 settembre 2019). Finora sul Covid ha firmato 10 dpcm, decreti del presidente del Consiglio
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Il capo delegazion­e 5 Stelle, 44 anni, ministro della Giustizia, al tavolo sull’emergenza tiene la linea prudente del Movimento. Nel dialogo con le Regioni si teme il pressing territoria­le sulla didattica a distanza, esclusa dalla titolare M5S dell’Istruzione Azzolina
Dario Franceschi­ni
Il capo delegazion­e del Partito democratic­o, 61 anni, ministro dei Beni e delle attività culturali e del Turismo, fa parte dei ministri che chiedono la linea dura e interventi immediati, facendo un intenso pressing insieme al ministro Speranza sul premier Conte
Alfonso Bonafede Il capo delegazion­e 5 Stelle, 44 anni, ministro della Giustizia, al tavolo sull’emergenza tiene la linea prudente del Movimento. Nel dialogo con le Regioni si teme il pressing territoria­le sulla didattica a distanza, esclusa dalla titolare M5S dell’Istruzione Azzolina Dario Franceschi­ni Il capo delegazion­e del Partito democratic­o, 61 anni, ministro dei Beni e delle attività culturali e del Turismo, fa parte dei ministri che chiedono la linea dura e interventi immediati, facendo un intenso pressing insieme al ministro Speranza sul premier Conte
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