Furto da 60 milioni in casa Ecclestone Catturato in Italia il capo della banda
Il 23enne era a Roma. Mai trovato il bottino
L’ha fregato l’ingordigia, MILANO l’ha stanato la tattica della Squadra Mobile diretta da Marco Calì.
Jugoslav Jovanovic era a Roma per organizzare una truffa milionaria, senza sapere che la polizia, convinta che non aveva lasciato l’Italia, stava dietro a lui e ai suoi contatti, nell’attesa di un’uscita allo scoperto. Jovanovic è il capo della cosiddetta «banda d’oro», non meno dell’equivalente di 20 milioni di euro (la vittima ne aveva dichiarati 60) in contanti, gioielli e orologi depredati venerdì 13 dicembre dalla magione londinese di Tamara Ecclestone. Noto per disporre di documenti falsi e «variare» identità, protetto da un’articolata rete soprattutto attraverso i campi rom, il 23enne è stato arrestato venerdì, a Santa Marinella, in provincia di Roma. Era in una villa di amici. Riposava.
Jovanovic è in carcere nell’attesa dell’ovvia estradizione. Con lui, siamo a meno uno. L’ultimo ricercato è il 32enne Daniel Vukovic, croato legato all’insediamento di nomadi in via Monte Bisbino, a Milano, come l’intera banda. Il tesoro fu sottratto tra le 22.11 e le 23.11 (forzata una finestra al piano terra sul retro dell’immobile); la magione della figlia dell’ex patron della Formula 1, che era in vacanza in Lapponia con marito e bimba, è al numero 8 di Palace Green, uno dei contesti più altolocati e vigilati d’Europa, in considerazione della presenza di miliardari e pezzi della famiglia reale. Al netto della figuraccia e del clamore mediatico, la reazione di Scotland Yard era stata immediata, concreta: aveva identificato la formazione criminale nella sua completezza (ma potrebbero mancare complici incaricati del trasferimento del tesoro fuori dall’Inghilterra) e avviato la caccia. I primi a cadere erano stati Maria Mester e il figlio Emil Savastru, di 47 e 26 anni, la donna gravitante sempre su via Monte Bisbino, l’uomo residente a Londra. Tra Milano e Varese la polizia aveva catturato il 43enne Alessandro Donati e Alessandro Maltese, d’un anno maggiore.
Nella ricostruzione degli investigatori, quattro persone avevano materialmente realizzato il colpo, transitando sotto le telecamere del giardino della villa con un’unica grande borsa, marca Louis Vuitton, contenente la refurtiva: Donati, Maltese, Jovanovic e Vukovic. Maltese avrebbe svolto il ruolo del palo in cambio di un anticipo di 30mila euro. Mester e Savastru si erano occupati della logistica (la banda aveva alloggiato in un appartamento in affitto). Secondo Scotland Yard, e come da risultanze a verbale dei complici, Jovanovic (milanese di nascita) ha ideato e guidato il furto, uno dei più clamorosi degli ultimi anni. Delle quattro casseforti, la banda ne aveva aperta solo una, s’ignora se per imperizia o per scelta. Datato il colpo il 13 dicembre, le coordinate di Jovanovic e Vukovic erano state due partenze da Londra il 18 dicembre, per Belgrado e Malpensa. Vukovic era arrivato in Serbia insieme a Maria Mester, poi stranamente tornata in Inghilterra, dove era finita in bocca alla polizia, mentre è probabile un passaggio di Jovanovic nel campo rom.
Forse l’oro è stato fuso in una delle fabbriche artigianali create proprio all’interno degli insediamenti dei nomadi; quanto agli orologi, uno degli arrestati vanta una decennale amicizia con la vecchia scuola dei ricettatori milanesi. Donati ha raccontato d’essere andato in Inghilterra per partecipare a una fiera di orologi. Avrebbe chiesto a Maltese di accompagnarlo per incontrare Jovanovic e trattare dei Rolex. Senonché Jovanovic, che potrebbe aver usufruito di talpe fra i dipendenti di Tamara Ecclestone, aveva parlato di un furto facile e incredibilmente redditizio. Le telecamere hanno documentato perlustrazioni mirate, nei giorni antecedenti il colpo.
La latitanza e l’oro
L’uomo si era nascosto in un campo rom dove potrebbe essere stato fuso l’oro