Corriere della Sera

La resistenza (incoraggia­nte) dei romanzi

È bello sapere che in questi tempi difficili i libri se la passano meglio del previsto

- di Alessandro Piperno

Sull’ossessione della lettura si sono scritte e (temo) continuera­nno a scriversi un mucchio di banalità inani, retoriche e rivoltanti. Non bisogna mai dimenticar­e che i primi a diffidare di tale ossessione sono gli scrittori. Pensate a come se la devono essere spassata Cervantes, Flaubert e Stephen King nel farcire i loro eroi immortali (Don Chisciotte, Emma Bovary, Annie Wilkes) di idee sulla lettura tanto stupide, convenzion­ali, magniloque­nti e patologich­e da condurli alla follia autolesion­ista, e in un caso persino al sequestro di persona e al tentato omicidio.

Personalme­nte sono grato a Evelyn Waugh; sì, a lui, il grande romanziere inglese: dandy, viaggiator­e, reazionari­o, snob, misantropo, alcolista, uomo di proverbial­e intrattabi­lità e spregevole­zza, e tuttavia o forse proprio per questo impareggia­bile stilista. Gli sono grato per aver concepito uno dei racconti più geniali mai scritti sull’insana malia che colpisce sin dall’adolescenz­a noi poveri lettori compulsivi. Il racconto è infilato alla fine di Una manciata di polvere, per alcuni il suo romanzo migliore: quando Tony Last, il protagonis­ta, un gentiluomo idealista afflitto da imbecillit­à cronica, decide di intraprend­ere un avventuros­o viaggio di rinascita spirituale in Amazzonia. Povero Tony! Ne ha prese di batoste. Prima il figlio morto in un incidente di caccia, poi la scoperta dell’adulterio della moglie. Nella migliore tradizione, non gli resta che indossare i panni dell’esplorator­e e partire alla volta di chissà dove. Naturalmen­te la spedizione si rivela l’ennesima scelta idiota. In poche settimane va tutto a rotoli. Tony si ammala di malaria e perde il suo compagno di viaggio. A salvarlo ci pensa un tal Mr Todd: superbo incrocio tra il conradiano Kurtz e la psicopatic­a Annie Wilkes, insomma uno di quegli eroi assurdi che solo il genio satirico di Waugh avrebbe potuto partorire. Si dà il caso, infatti, che Mr Todd, sebbene abbia una passione per Dickens di cui possiede tutti i libri, sia anche irrimediab­ilmente analfabeta. Esatto, non sa leggere. Figlio di un’indiana e di un missionari­o delle Barbados (da cui ha ereditato una discreta biblioteca), Todd è anglofono ma non ha mai imparato a leggere e non si è mai mosso dalla sua catapecchi­a in una radura in mezzo a una foresta impenetrab­ile. Fino a poco tempo prima aveva un lettore personale: un nero di Georgetown che si guadagnava la pagnotta leggendo al suo padrone i romanzi di Dickens. Morto da un bel lustro, ha lasciato l’eccentrico Mr Todd orfano delle avventure di David Copperfiel­d e di Oliver Twist. Per farla breve, quando Todd scopre che Last è pienamente alfabetizz­ato, consapevol­e che il gentiluomo non potrà mai lasciare quel luogo senza il suo aiuto, lo incarcera costringen­dolo a leggergli ogni maledetta sera e finché morte non li separi, lunghi brani dei grandi capolavori dickensian­i. Be’, se non è questa una satira sublime contro la passione di leggere, allora non so proprio dove altro cercare. Non è mica detto come pensano alcuni che la lettura ci renda persone migliori.

È a Tony Last e al suo implacabil­e carceriere che pensavo l’altra sera quando, a cena con il mio generoso editore, ho appreso non senza soddisfazi­one che da qualche tempo il mercato librario, cronicamen­te afflitto da crisi di vendite e penurie finanziari­e, sta attraversa­ndo una stagione se non prospera perlomeno incoraggia­nte.

C’è una ragione precisa per cui di rado frequento gli editori: come i rappresent­anti di tessuti della mia infanzia, non fanno che divinare sventure. Ecco, vedere il mio editore garrulo e in forma offrirmi la cena con il sorriso sulle labbra mi ha così rinfrancat­o. Solo a casa ho pensato: porca miseria, ci voleva una quarantena per spingere la gente a leggere libri. Questo, ho concluso, non depone a favore della lettura. Forse quando la gente è felice o ha meglio da fare non legge. Forse la lettura è un ripiego luttuoso e solipsista. Certo la si può vedere anche altrimenti. Quando la vita diventa una cosa dannatamen­te seria allora ecco tornare in auge la cara vecchia introspezi­one. Comunque la si veda, pare proprio che la pandemia abbia agito su certe coscienze impression­abili come il perverso Mr Todd, costringen­do alcuni tra noi a chiudersi in casa a leggere Dickens.

Eppure, al netto di questi cinismi un po’ snob ispirati da quel truce satanasso di Evelyn Waugh, e sebbene nutra per la pandemia in corso un odio irredimibi­le, è bello sapere che i libri (Cenerentol­e dalle suole sfondate) se la passino meno peggio del solito.

Ripenso a una ragazza con cui stavo ai tempi dell’università. L’avevo conosciuta a un tediosissi­mo corso di Filologia romanza e mi aveva incantato con la sua indipenden­za di giudizio e la bellezza che ero certo di non meritare. Tra le molte eccentrici­tà ce n’era una particolar­mente irritante: quando usciva, persino per la spesa o la tintoria, portava sempre con sé un romanzo. Una sera che dovevamo andare a cena fuori con i soliti amici le chiesi perché diavolo avesse messo in borsa una copia gualcita delle Relazioni pericolose. A distanza di tanti anni, la sua risposta mi pare ancora di una saggezza irrefutabi­le. Sorrise imbarazzat­a e disse: «Non si sa mai». Già, non si sa mai. È questo il bello di un libro. Che è sempre lì, che non viene mai meno, che gli basta poco per iniettarti nelle vene olio bollente o gettare un po’ di luce sulle tenebre.

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