Corriere della Sera

Un amore infinito

Un anno maledetto si porta via il più grande, da solo in maglietta e calzoncini ha saputo ispirare una rivoluzion­e, in campo e fuori

- di Maurizio de Giovanni

S olo, in calzoncini, seppe ispirare una rivoluzion­e.

Non è vero. Non ci credete, vi prego. È una notizia falsa, una di quelle maledette fake che inquinano la percezione della realtà, e conducono in un territorio che è pura follia.

Non credete a questa cosa. Anche in un anno maledetto che si è portato via centinaia di migliaia di persone, che ci ha privati del sorriso di Gigi Proietti, della simpatia di Franca Valeri, dei sogni di Luis Sepulveda e del fascino di Sean Connery, è assolutame­nte impossibil­e che sia accaduto anche questo.

Accettare tale notizia significhe­rebbe credere che il grande ribelle, l’uomo che seppe inventare daccapo un gioco che si credeva completo, il vincitore nella terra dove non si è vinto mai possa cadere, sia mortale, abbia un corpo martoriato da una vita così intensa da valerne dieci o cento tanto da chiudere gli occhi e da smettere di respirare. Impossibil­e.

Perché stiamo parlando di una persona che da sola, in maglietta e calzoncini, seppe ispirare una rivoluzion­e che abbatté i consolidat­i palazzi del potere, uno sberleffo in faccia a chi credeva che mai e poi mai sarebbe successo che in uno sport di squadra uno da solo, senza nemmeno un fisico bestiale o le sembianze di un supereroe, fosse capace di portare alla vittoria sgangherat­e armate altrimenti senza speranza. Come credete possa morire, uno così? Uno che sotto gli occhi del mondo intero ripagò un nemico di una guerra di terra e di mare, per combattere il quale erano morti tanti ragazzi argentini, alzando una mano compensati­va della differenza di altezza del portiere e avendo poi la furba intelligen­za di riferire alla «mano de Dios» quell’invenzione. Uno che D10s venne chiamato da allora, giocando sul numero di maglia e sulla divinità del suo gioco, come pensate che possa cedere a un

Scomodo e generoso

È sempre stato scomodo, generoso, oltre il limite dell’autolesion­ismo

misero grumo di sangue in testa? Uno che legittimò quel gesto pochi minuti dopo, facendo ingoiare le recriminaz­ioni ai soloni brontolant­i coi dodici tocchi del gol più bello della storia del calcio, come pensate possa chiudere gli occhi?

Non è possibile lasciarlo andare. Perché un cuore così grande da contenere tutti i bambini del mondo, da rotolarsi nel fango in un’amichevole al culmine della propria gloria, sfidando la sorte e gli infortuni, per trovare i soldi per operarne uno gravemente malato, non si fermerà mai e continuerà a battere nei sogni di ogni innamorato del pallone, perché del pallone è l’essenza stessa.

È una notizia falsa. Perché l’uomo che è il cittadino più illustre di una città nella quale solo per caso non è nato non può non tornarci, per essere ancora abbracciat­o e per ricevere l’amore e i sorrisi anche di quelli che sono nati dopo e che non lo hanno visto disegnare poesia sull’erba, e poi non tacere le proprie scomode opinioni per tutto il resto della vita, pane al pane, essendo sempre generoso oltre il limite dell’autolesion­ismo. Non può non tornare nella città che gli giustifica qualsiasi eccesso in nome di un amore immenso, che è un decimo della gratitudin­e che essa deve a un uomo che ha insegnato che si può vincere essendo se stessi, difetti e ferite inclusi, perché mai è esistita e mai esisterà un’imperfezio­ne così meraviglio­sa e gigantesca.

Perciò per favore, non credete a questa assurda notizia. Noi aspettiamo di vederlo tornare, più ribaldo e onesto che mai. L’amore, sapete, non muore.

Mai.

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La folla accorsa ai Quartieri Spagnoli, a Napoli, sotto l’altarino dedicato a Maradona (foto Bruno Delfino) Nell’immagine in alto a sinistra, il murales di Jorit nel quartiere Ponticelli
(LaPresse) Città in lutto La folla accorsa ai Quartieri Spagnoli, a Napoli, sotto l’altarino dedicato a Maradona (foto Bruno Delfino) Nell’immagine in alto a sinistra, il murales di Jorit nel quartiere Ponticelli

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