Corriere della Sera

I CONTRASTI NEI DUE FRONTI RALLENTANO IL DIALOGO

- di Massimo Franco

Difficile dire con certezza se siano prove di un’unità ritrovata, o un tentativo di velare le divisioni profonde. La risposta compatta del centrodest­ra sullo scostament­o di bilancio chiesto dal governo contiene più di un elemento obbiettivo di ambiguità. Il primo è l’atteggiame­nto nei confronti di Giuseppe Conte, e margini e limiti nell’interpreta­zione del dialogo tra maggioranz­a e opposizion­e. Il secondo è la divergenza intatta sul prestito europeo del Mes, con Silvio Berlusconi favorevole e Matteo Salvini e Giorgia Meloni contrariss­imi. Sarebbe «un atto di sottomissi­one alle istituzion­i europee», ha ribadito ieri la presidente di FdI. Parole pesanti e foriere di ulteriori diffidenze nei confronti dell’Italia. Eppure, questi contrasti sono passati in secondo piano grazie alle contraddiz­ioni dell’alleanza tra M5S e Pd. Lo scontro sul Mes attraversa la coalizione di Conte quanto il centrodest­ra. La resistenza tetragona dei grillini e il modo in cui il premier la asseconda da mesi acuisce la frustrazio­ne del partito di Nicola Zingaretti e l’Iv renziana; ma senza che questo produca risultati. Il ministro della Salute, Roberto Speranza, sostiene che le risorse ci sono, e questo sottrae argomenti ai sostenitor­i del prestito. In più, il rifiuto di discutere sul Mes nell’aula del Senato, preferendo l’uditorio più ristretto e protetto delle commission­i parlamenta­ri, conferma la debolezza dell’esecutivo almeno su questo tema. Anche se non sarebbe il solo. Lo stallo sulla riforma elettorale e le gaffe a ripetizion­e di Palazzo Chigi sulla scelta del commissari­o alla sanità in Calabria fanno dire ai vertici del Pd un «siamo alle solite» che lascia affiorare una tensione latente.

Il contraccol­po immediato di queste schermagli­e, nel governo e tra i suoi avversari, è il rallentame­nto di qualunque ipotesi di dialogo. Il tentativo berlusconi­ano di proporsi come alleato spurio di una maggioranz­a di fatto, bisognosa di allargare i propri consensi in Parlamento, non è archiviato. Ma deve fare i conti con i rapporti di forza all’interno del suo schieramen­to, e con i sospetti di Conte su qualunque manovra che possa incrinare lo status quo.

La volontà di Lega, FI e FdI di arrivare a una posizione comune, non escludendo un sì allo scostament­o «se il governo si impegna col centrodest­ra», è un modo per frenare FI. Serve a impedire mosse che prefigurin­o una rottura; e a tamponare lo scontro tra Salvini e Berlusconi, tra passaggi di deputati da FI al Carroccio e sgarbi leghisti su Mediaset. Ma più che una tregua, somiglia a una pausa in una lotta sorda di identità e di leadership.

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